Lasciata Cadice la mattina del nostro quinto giorno pieno a spasso tra i paesaggi andalusi, proseguiamo il nostro on the road lungo la costa meridionale fino a Gibilterra. Qui ci concediamo una sosta di mezza giornata, passeggiando tra le vie centrali e dirigendoci in cima alla Rocca per godere da un lato di una vista mozzafiato su questo angolo di terra britannica oltremare… e dall’altro, al di là dell’omonimo stretto, della vista sulla punta estrema dell’Africa chiaramente visibile nonostante un po’ di foschia.
A parte il panorama e la particolarità delle scimmie che scorrazzano liberamente (e spesso fanno anche qualche danno: ci è capitato di vederne una tentare di borseggiare una signora appena uscita dalla funicolare!) sulla cima del monte che domina questa città, come già anticipato in questo articolo non posso dire di essere rimasta particolarmente entusiasta di questa tappa. Specialmente quando, sulla via per Ronda (dove abbiamo passato il resto del pomeriggio, la notte e la mattina successiva), il mal di testa causato dall’eccessivo caldo sofferto in giornata mi ha impedito di godere appieno della vista meravigliosa dei tanti pittoreschi paesini bianchi che abbiamo incontrato lungo la strada. Con il senno di poi, avrei voluto dedicare più tempo a questi caratteristici villaggi, ma in fase di elaborazione di questo itinerario mi sono accorta che ce n’erano fin troppi che avrei voluto includere e quindi, tutto sommato, mi sono detta che avrebbero forse meritato un itinerario a sé… e così sarà, prima o poi!


Per fortuna, l’arrivo a Ronda fuga ogni malessere fisico: questa cittadina, con i suoi quasi 37.000 abitanti, è il centro più grande della regione dei cosiddetti pueblos blancos, ma passeggiando per il suo centro storico sembra quasi di trovarsi in un paesino molto meno esteso. Con la sua particolare conformazione, adagiata su un altopiano a strapiombo sulla valle sottostante e divisa in due da una profonda gola (el Tajo) sul cui fondo scorre il torrente Guadalevìn, il colpo d’occhio non appena si arriva e si esce a fare due passi lungo il belvedere è senz’altro da mozzare il fiato, specialmente nel tardo pomeriggio!
Noi abbiamo alloggiato all’Hotel Polo, un albergo carino e senza troppi fronzoli, con una terrazza sul tetto davvero gradevole e in un’ottima posizione centrale, che offre inoltre la possibilità di usufruire di una tariffa scontata al vicino parcheggio sotterraneo La Merced.
Dall’hotel siamo letteralmente a due passi dall’ingresso dell’Alameda del Tajo, un piacevole parco cittadino affacciato direttamente sulla vallata sottostante, dove ammiriamo i caldi colori del tramonto riflettersi sull’arenaria del dirupo, avvampando di un arancione accesissimo: uno spettacolo davvero meraviglioso!
Proseguiamo la passeggiata di questa parte del centro storico, senza per ora attraversare il Puente Nuevo: la stanchezza comincia a farsi sentire, quindi ci sediamo a uno dei tavolini (cioè botti) della vinoteca Entre Vinos, nella vicina Calle Pozo, e ci gustiamo una sfilza di deliziose tapas e qualche calice di buon vino locale prima di stenderci e ricaricare le batterie in vista del giorno successivo.


La mattina dopo partiamo carichissimi di energie… e per fortuna! Perché finiremo non solo per passeggiare sonnecchiosamente nella parte superiore del centro della cittadina, ma anche per sprofondare verso il fondo della valle… per poi risalire inesorabilmente quelle stesse centinaia di gradini per tornare in superficie (come d’altronde in gran parte delle tappe di questa vacanza: non ho mai desiderato così tanto avere un contapassi per poter quantificare quello che, a occhio e croce, posso solo dire essere un numero ESORBITANTE di scalini tra campanili, torri e, in questo caso, un’ex miniera/cisterna per prelevare l’acqua dal torrente sottostante).
Ma, andando per ordine, la prima tappa subito dopo colazione è stata la vicina Arena di Ronda. Non sono un’amante delle corride, sarò onesta: non giudico chi ama questa tradizione per motivi personali e chi ci vive per professione, ma personalmente non la gradisco, difatti quella di Ronda è stata l’unica Plaza de Toros che abbiamo visitato in tutta la nostra vacanza, perlopiù per interesse storico. Si tratta infatti della più antica arena spagnola interamente costruita in pietra, precedentemente “casa” anche di uno dei toreri più celebri dell’intera nazione (Pedro Romero, che era proprio nativo di Ronda), e il monumento è anche legato alla storia di una delle più antiche confraternite spagnole: la Real Maestranza de Caballerìa de Ronda, organo fondato dal re Filippo II nel tardo Cinquecento, dopo la Reconquista, per incoraggiare la nobiltà a esercitare l’equitazione con finalità allora perlopiù belliche. Al di là della cavalleria, infatti, i membri di questa maestranza avrebbero dovuto essere formati nelle armi, così da essere pronti in caso di improvvisa convocazione reale per future battaglie (oggi l’impegno rimane perlopiù culturale e volto ad attività benefiche).
L’ingresso è tutti i giorni a partire dalle 10:00 (il lunedì solo fino alle 13:00, gli altri giorni anche nel pomeriggio fino alle 19:00 con una pausa di un’ora tra le 15:00 e le 16:00); non sono riuscita a reperire informazioni per confermare che l’organizzazione sia ancora così, ma quando siamo andati noi era anche possibile accedere gratuitamente a una visita limitata alla sola arena e agli spalti presentandosi prima dell’orario di ingresso generale (noi siamo andati alle 09:00).


Da qui ci siamo spostati oltre il Puente Nuevo, che nonostante un aspetto quasi fuori dal tempo ha origini in realtà piuttosto recenti: questa ambiziosa costruzione di circa 120 metri che colma il profondo baratro tra le due parti della città separate de el Tajo risale infatti alla seconda metà del Settecento e ha richiesto quasi trent’anni per essere ultimata. Il risultato è a dir poco impressionante, sia ammirato dal belvedere accanto ma, ancora di più, se ci si reca ai suoi piedi come abbiamo fatto noi prima di lasciare la cittadina.
Il nome “nuovo” fa presagire che ce ne siano altri più antichi in città, e per ammirarli si attraversa la parte più vecchia di Ronda, che è anche la più caratteristica. Qui si cammina nei caratteristici vicoli, tra abitazioni in cui si alternano un bianco candido e un avvolgente color dorato dell’arenaria locale, e si incontrano botteghe di prodotti di lavorazione locale come le ceramiche dipinte a mano.
Noi abbiamo iniziato seguendo la Calle Cuesta de Santo Domingo, punteggiata dalle placche in pietra che contrassegnano le diverse stazioni della Via Crucis lungo le mura delle case – una processione che gli abitanti del luogo evidentemente seguono lungo le vie cittadine il Venerdì Santo, procedendo strenuamente in salita dalla zona della Puerta de Carlos V. Da questo punto è possibile attraversare il cosiddetto Puente Viejo, che alcuni chiamano “romano” e altri “arabo” (ma questa seconda definizione, temporalmente parlando, sembrerebbe essere quella più accreditata)… fatto sta che, da secoli prima della costruzione dello scenografico e oggi più famoso Puente Nuevo, questa più modesta ma non meno affascinante costruzione collegava le due sponde della città di Ronda, solcando il Tajo da una più contenuta altezza di circa 30 metri. Negli anni sono state necessarie diverse ricostruzioni a causa di danneggiamenti, la più sostanziosa risalente a inizio Seicento, e oggi il ponte si presenta con una nuova pavimentazione e delle modifiche recenti che hanno aperto dei punti di osservazione laterali, con tanto di ringhiere, per consentire a chi lo attraversa in direzione del barrio Mercadillo di meglio godere della vista della gola da un lato e dell’altro ponte antico (il vicino Puente de San Miguel) dall’altro. Sull’altra sponda del Puente Viejo si trovano anche i Giardini de Cuenca, perfetti per ammirare l’imponenza del Tajo e, ovviamente, per fotografare il Puente Nuevo visto dal “retro”, mentre a poca distanza troverete un’altra splendida attrazione moresca della città: i Baños Arabes, dalle volte arcate forate dalle caratteristiche fenditure a stella che ritroverete anche nei Bagni Arabi di Granada, come quelli di Ronda ancora in ottime condizioni di conservazione e magnifici da visitare.




Risaliamo la via che costeggia parte delle mura cittadine e ci fermiamo al Palacio del Rey Moro, l’ex residenza di un sovrano moresco che racchiude, al suo interno, anche una delle attrazioni per me più imperdibili di Ronda: la “Mina Secreta”. Si tratta di una profonda galleria verticale scavata direttamente nella roccia della scarpata sottostante, che collega il palazzo al fondovalle, a due passi dalle acque del fiume. Ben oltre 200 gradini in pietra (resi piuttosto scivolosi dall’umidità persistente della Mina) collegano l’esterno della residenza al punto in cui, secoli fa, gli schiavi cristiani del Re Moro raccoglievano l’acqua del Guadalevìn e, risalendo quegli stessi scalini con i pesanti otri sulle spalle, la portavano in superficie. L’interno di questa struttura, creata anche con scopi difensivi, è a dir poco impressionante, con interni cavernosi, antri angusti che si alternano a spazi più ampi e scalinate che si snodano una curva dopo l’altra apparentemente senza fine.
Si dice che questa Mina giocò un ruolo fondamentale nella presa di Ronda da parte dei re cattolici a inizio Cinquecento, i quali intuendone l’essenzialità per l’approvvigionamento idrico della città intervenirono interrompendo questo meccanismo, costringendo gli abitanti locali a capitolare: un passo significativo nella storia della Reconquista andalusa, dal momento che di lì a poco sarebbe toccato anche alla non lontana Granada.
La fatica è stata, naturalmente, risalire, ma credo che in generale valga davvero la pena visitare questo luogo: un’esperienza realmente suggestiva! I giardini mi hanno invece lasciata perlopiù indifferente, anche perché non particolarmente curati. Si tratta inoltre di un’aggiunta piuttosto recente, essendo stati commissionati (insieme alla ristrutturazione del palazzo, oggi non accessibile perché in rovina) a inizio Novecento. Per questo direi, dovendo scegliere tra i 3€ del biglietto che consente l’accesso ai soli Giardini di Forestier (il nome dell’architetto che si è occupato del rinnovamento) e i 6€ che includono anche la discesa alla Mina del Rey Moro, di scegliere a mani basse quest’ultimo.


Dopo questa bella scarpinata proseguiamo verso Plaza Duchesa de Parcent, proprio di fronte all’affascinante Chiesa di Santa Maria la Mayor, per goderci un po’ di relax e una bibita fresca all’ombra del parchetto alberato. A pochi passi da qui ammiriamo poi, scendendo verso la Puerta de Almocàbar, le rovine dell’Alcazaba e il Castillo del Laurel.
Ci riaddentriamo da qui verso il centro storico vero e proprio, immergendoci tra i tanti vicoli che conservano altre perle come il Palazzo Mondragon e scorci imperdibili come quello dal Mirador de Maria Auxiliadora, nell’omonima piazza. Da questo punto parte anche un percorso in discesa che si può seguire a piedi, per giungere ai piedi dello strapiombo e da lì osservare il Puente Nuevo da una delle angolazioni forse più iconiche. Si incontrano molti altri mirador lungo la via, se non si vuole arrivare fino a quello denominato La Hoya del Tajo… per noi purtroppo non è stato possibile perché l’ingresso a questo percorso era bloccato per lavori, e abbiamo quindi dovuto ripiegare sul raggiungere il suggestivo punto di osservazione dopo pranzo in macchina.


Abbiamo mangiato in una calle a due passi dall’ampia e graziosa Plaza del Socorro, da cui ci siamo poi diretti di nuovo in hotel a recuperare i bagagli e, ripresa la macchina dal parcheggio, abbiamo salutato Ronda in direzione Granada… non prima però, come detto, di esserci concessi un ultimo sguardo a questo vero e proprio gioiello dal fondo della vallata.
A condurci al Mirador La Hoya del Tajo sarà la Carretera de los Molinos, che però avverto essere molto stretta in diversi punti e a tratti sterrata, quindi consiglio di fare attenzione alla guida (anche a seconda della macchina che si sceglie di noleggiare). Dopo qualche sezione particolarmente dissestata che ci fa dubitare della direzione presa, giungiamo però proprio dove volevamo essere… e il colpo d’occhio è a dir poco indimenticabile!

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