Delle diverse città toccate dal nostro itinerario on the road in Andalusia, Granada è stata senza dubbio quella con più carattere. Non riesco a trovare un modo migliore per definire il calore mediorientale che si fonde con l’occidente e la bellezza variegata di questo luogo: dai vicoli caratteristici che si arrampicano lungo la collina nel quartiere storico dell’Albayzìn alla colorata e vivace zona dell’Alcaicerìa a due passi dalla Cattedrale, fino alla maestosa figura dell’Alhambra che domina il centro dall’alto.
Granada ci accoglie il pomeriggio della nostra partenza da Ronda, il nostro albergo si trova ad appena cinque minuti a piedi da Plaza Nueva, tra vie popolate di ristorantini e taperie di ogni tipo che si animano la sera.
Questa parte della città, con le numerose vie pedonali, è però sprovvista di aree parcheggio lungo la strada, motivo per cui è necessario ricorrere a uno dei vari parcheggi sotterranei non lontano. Per noi il più comodo è il San Augustìn, in Calle Cristo de San Augustìn accanto all’omonimo mercato coperto, al costo (sicuramente non economico ma, da una rapida verifica, in linea con altri in città) di circa 25€ al giorno. L’auto resterà qui per i prossimi tre giorni, che trascorreremo a esplorare i molti suggestivi angoli di Granada, partendo già la mattina successiva con uno dei suoi simboli indiscussi: il complesso dell’Alhambra.
Visitare l’Alhambra


Non serve sprecarsi troppo in presentazioni di quello che è forse uno dei monumenti più conosciuti e rappresentativi non solo di Granada, ma dell’intera Andalusia.
Questa vera e propria cittadella fortificata sorge in cima al colle Sabika, separata dall’Albayzìn dal torrente Darro, ed è costituita al suo interno da diversi sotto-complessi, edifici concepiti a vario uso (religioso, difensivo, residenziale ecc.) e meravigliosi giardini, risultato di modifiche e ampliamenti che si sono susseguiti nei secoli e con le diverse dominazioni della città.
Il nome deriva dall’arabo Qal’at al-hambra, letteralmente “la Cittadella rossa”, e sebbene da una vista di questo complesso al tramonto, mentre avvampa di un colore rossastro, potrebbe sembrare questo il motivo della denominazione, alcuni storici propendono invece per la connessione con Muhammad ibn Nazar, soprannominato “il rosso” per via del colore della sua barba.
Questo sovrano fu colui che iniziò la costruzione di una serie di palazzi che costituiscono oggi il nucleo centrale dell’Alhambra. La costruzione si ampliò poi circa un secolo dopo con il Palacio de Comares commissionato da Yusuf I nel 1333 e con il Palacio de los Leones (e l’iconico patio omonimo) per ordine di Muhammad V nel 1354. Questi edifici fanno tutti parte dell’area dell’Alhambra denominata Palazzi Nazridi (o Nazarì), che prendono il nome proprio dalla dinastia fondata da “il Rosso”.
I Palazzi Nazarì sono l’unica parte del mastodontico complesso dell’Alhambra per cui è necessario prenotare una data e un orario d’ingresso specifici, mentre per il resto degli edifici e dei giardini circostanti si può seguire l’ordine che si preferisce. Gli slot, essendo riservati solo a poche centinaia di visitatori al giorno, si esauriscono facilmente (anche per via dei molti tour operator che acquistano un ampio numero di biglietti per poi rivenderli come visite guidate), per cui è consigliato visitare il sito ufficiale a cui effettuare la prenotazione già due-tre mesi prima del giorno in cui si vuole visitare l’Alhambra, appena si aprono le prenotazioni, così da assicurarsi il proprio ingresso con larghissimo anticipo.
Qualora il biglietto Alhambra General (al costo di 14€ a persona) non fosse più disponibile per la data di interesse, come detto, è comunque possibile provare ad accedere al complesso aggregandosi a un tour organizzato, dal momento che spesso questi hanno ancora alcuni slot in vendita anche dopo l’esaurimento degli ingressi singoli per visitatori indipendenti sul sito ufficiale. Solo come ultima spiaggia suggerirei di tentare di presentarsi il giorno stesso in biglietteria e sperare in una rinuncia last-minute da altri visitatori, visto che le possibilità sono molto scarse in questo caso.


Si raggiunge l’ingresso vero e proprio della Cittadella, costituito da un massiccio portale, al termine di una salita di circa dieci minuti dalla zona di Plaza Nueva, non estremamente ripida e in gran parte ombreggiata… ma sicuramente piacevole solo se non la si deve percorrere all’una di pomeriggio! Noi avevamo l’ingresso ai Palazzi Nazarì prenotato per le 09:30, quindi ci dirigiamo lì subito dopo colazione.
Una volta entrati all’interno delle mura, ci si trova sulla destra un piccolo shop e punto ristoro, con anche bagni e cassette di sicurezza, mentre sulla sinistra domina l’imponente struttura dell’Alcazaba, l’area riservata agli alloggi militari e destinata a funzioni difensive, che sarà anche l’ultima parte del complesso che visiteremo prima di tornare in centro dopo pranzo.
Ci dirigiamo subito oltre lo shop, verso l’ingresso dei Palazzi Nazarì, probabilmente la parte più caratteristica e la più fotografata di tutto il complesso: gli interni e i tanti patios riccamente decorati di questi palazzi sono quasi surreali, i dettagli dei soffitti a volta, gli archi e le colonne, quelle stanze nella penombra in cui il sole filtra attraverso complessi intarsi nelle strette finestre… uno spettacolo da lasciare costantemente a bocca aperta, a ogni angolo che si ammira!


Da qui, recuperata la mascella, ci spostiamo verso l’immensa oasi di verde dei Jardines de San Francisco, al termine dei quali il passaggio della Medina e un ponticello che collega le due parti della collina ci permettono di spostarci verso la zona del Generalife.
La costruzione di questo palazzo si deve a Mohammed III, che lo edificò a inizio Trecento. Il complesso divenne in seguito la residenza estiva dei sultani della dinastia Nazarì, che lo abbellirono con giardini e fontane contornate da siepi.
I giardini visitabili oggi sono stati restaurati in epoca moderna, mantenendo comunque molto dello stile originale, permettendo al Generalife di guadagnarsi la nomina a Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO insieme alla vicina Alhambra proprio per via dello splendido esempio di giardini di epoca medievale andalusa che ancora custodisce. Le tante piante di vari tipi che popolano il parco di questo Palazzo e le vasche che producono zampilli e giochi d’acqua tutti insieme creano l’impressione di trovarsi in un altro luogo, facendo quasi dimenticare l’afa che probabilmente vi attanaglierà intorno a ora di pranzo se visiterete Granada nel periodo estivo.


Ci fermiamo proprio all’uscita dal Generalife, nello snack bar all’interno del complesso, per sederci un attimo e divorare un panino al volo, prima di percorrere la strada a ritroso e addentrarci nell’edificio dell’Alcazaba. Lungo la strada ci fermiamo ad ammirare anche le aggiunte di epoca cristiana, ovvero la Chiesa di Santa Maria de la Alhambra (costruita al posto della moschea, di cui però sopravvivono i vicini baños) e il Palazzo di Carlo V. Sarò onesta: seppure nella sua magnificenza rinascimentale, dopo lo splendore esotico del resto del complesso ho trovato questo edificio a pianta circolare una vera e propria caduta di stile, quasi un cazzotto in un occhio. Eppure dobbiamo ringraziare proprio queste aggiunte da parte dei sovrani cattolici, che decisero di trasformare l’Alhambra nella propria residenza, se questo magnifico complesso fu salvato ed è arrivato fino a noi quasi intatto, anziché fare la stessa triste fine di molti altri edifici di origine moresca.
L’Alcazaba, nostra tappa finale nella visita della “Cittadella rossa”, è forse uno degli edifici ad oggi più spogli all’interno del complesso, ma consente ancora di esplorare molti dei suoi interni spartani e di godere della vista sulla città sottostante da alcuni dei suoi punti più elevati.
In tutto la visita approfondita dell’Alhambra, nella mia esperienza, può richiedere dalle due ore e mezza alle quattro ore, per cui consiglierei di armarsi di borraccia d’acqua, scarpe comode… e tanta voglia di lasciarsi conquistare da una bellezza senza tempo!


Albayzìn: il cuore moresco della città
L’Alhambra è però solo “la punta dell’iceberg” delle architetture moresche che punteggiano questa città. Trascorriamo infatti gran parte della giornata successiva a percorrere le viette che si inerpicano in salita dalla zona di Plaza Nueva, a due passi dal torrente Darro, in cerca degli altri tesori risalenti al periodo di dominazione islamica più o meno nascosti nel dedalo di stradine dell’Albayzìn.
Questo quartiere storico di Granada è quello che più di ogni altro conserva ancora un’atmosfera fortemente influenzata dal dominio dei Mori in questa città, che essendo stata tra le ultime a subire la Reconquista dei re cattolici sul finire del quindicesimo secolo ospitò per qualche tempo anche gli abitanti in fuga da altre cittadine limitrofe. Questi fuggitivi si stabilirono proprio nel quartiere Albayzìn, che arrivò a contare oltre 60.000 abitanti e a manifestare una grande ricchezza culturale con lo splendore delle sue moschee, dei suoi complessi termali e dei suoi palazzi nobiliari. Di questi ultimi rimangono ancora molte testimonianze disseminate in questa zona dall’assetto quasi immutato dal periodo medievale moresco, qualità che nel 1984 gli sono valse l’aggiunta alla lista dei Patrimoni UNESCO insieme al complesso dell’Alhambra e del Generalife.
Tra le candide facciate delle abitazioni quasi addossate le une sulle altre, separate dalle strette stradine punteggiate di piante e fontanili tra cui si aprono di tanto in tanto splendidi cortiletti e spiazzi terrazzati, ci facciamo strada in salita fino al panoramico Mirador de San Nicola, un belvedere che fronteggia l’Alhambra offrendo uno dei punti decisamente più spettacolari per immortalare questa meraviglia architettonica. Per noi è stata una delle prime tappe mattutine, ma ci siamo trovati a passare anche nel tardo pomeriggio, al ritorno da un’altra “spedizione” in zona, e il consiglio è senz’altro di recarsi al tramonto per godere di una vista quasi magica!


Scendendo nuovamente verso il basso, zigzagando tra le viuzze e i gradini che si diramano in diverse direzioni, arriviamo nella zona del Puente del Aljibillo e passeggiamo lungo il Paseo de los Tristes in direzione di Plaza Nueva (dove ci attenderà una ricca merenda di metà mattinata a base di churros e cioccolata!). Ma lungo la strada non possiamo non fermarci a visitare due dei monumenti che fanno parte del patrimonio moresco di Granada, ovvero la Casa Horno de Oro e il Bañuelo.
Entrambi i siti rientrano nel biglietto cumulativo dei Monumentos Andalusìes insieme al Corral del Carbòn e al Palacio Dar al-Horra, acquistabile al primo di questi monumenti che si sceglie di visitare al costo di soli 5€ totali. In alternativa, se si acquista il Pass Dobla de Oro per l’ingresso generale all’Alhambra, questi quattro siti saranno già compresi, insieme anche alla Casa del Chapiz e la Casa de Zafra (sempre nel quartiere Albayzìn). In questo caso sarà necessario, come per il Pass Alhambra General, specificare il giorno e l’orario di ingresso ai Palazzi Nazarì, mentre gli altri monumenti potranno essere visitati in orario di apertura (dalle 09:00 alle 14:30 e dalle 17:30 alle 20:30 in periodo estivo, con orario continuato dalle 10:00 alle 17:00 da metà settembre a fine aprile) nell’arco dello stesso giorno, nel giorno precedente o in quello successivo alla visita dell’Alhambra.


La Casa Horno de Oro (che letteralmente significa Casa dal forno d’oro) è uno splendido esempio di palazzo in stile moresco successivamente ampliato dopo la conquista cristiana di Granada, mantenendo però l’assetto tipico con un cortile interno rettangolare, adornato da un bacino d’acqua centrale e circondato da un portico colonnato su due piani. Al di là degli archi e delle decorazioni in stile mudejar ancora ben conservati, il palazzo potrebbe apparire piuttosto spoglio (specie in retrospettiva quando ci si reca al Palazzo Dar al-Horra), ma è comunque una tappa interessante che suggerirei di includere passeggiando in questa zona di Granada… oltretutto quando siamo andati noi era anche stata allestita un’interessante mostra fotografica al suo interno.
A poca distanza si trova il Bañuelo, un complesso di bagni arabi diviso in tre stanze (che seguono la tipica suddivisione adottata anche precedentemente dai romani, ovvero in bagno freddo, tiepido e caldo) a cui era annessa una residenza. Questo edificio, in buone condizioni, viene fatto risalire a un periodo intorno all’XI secolo ed è stato costruito riprendendo elementi romani, visigoti e califfali: da una stanza all’altra si ammirano le colonne perimetrali sormontate dagli archi in pietra e si passa sotto le splendide volte a botte del soffitto, da cui i raggi solari penetrano attraverso le tipiche fessure a forma di stella.


Dopo una breve sosta per rifocillarci, ci addentriamo nel quartiere Sagrario, proseguendo l’esplorazione dell’Albayzìn solo nel tardo pomeriggio (prima dovevamo dedicarci a un compito meno emozionante ma comunque necessario in un viaggio itinerante di più di qualche giorno: “rinfrescare” un po’ il bucato, cosa che riusciamo a fare grazie a una lavanderia automatica situata proprio lungo Calle Elvira, non lontano dal nostro albergo).
Con il sole che a quest’ora picchia di meno, ci avventuriamo nuovamente in salita, stavolta seguendo per il primo tratto la colorata Calle Caldererìa Nueva, che brulica di negozietti straripanti di abbigliamento, accessori e oggettistica di ogni tipo. Viriamo poi verso il Mirador Ojo de Granada, affacciato verso la parte occidentale della città, che ci regala uno splendido colpo d’occhio delle case e della cima della Cattedrale illuminate dalla calda luce pomeridiana.
Giungiamo infine al Palacio Dar al-Horra, situato accanto al Convento de Santa Isabel la Real e quasi nascosto nel labirinto di stradine che curvano e si restringono in questa zona. Decisamente un tesoro ben preservato, questo palazzo che apparteneva ad Aixa, moglie di un sultano e madre di un altro (quel Abu ‘Abd Allah Muhammad, detto Boabdil, che fu l’ultimo della dinastia Nazarì a regnare sul Sultanato di Granada prima dell’arrivo delle truppe conquistatrici di Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia). Proprio Isabella di Castiglia consegnò questa ex-residenza reale al vicino Monastero, e fu solo nel secolo scorso che passò in mano allo Stato, che lo restaurò riportandolo quasi al suo splendore originale. Visitare il Palazzo Dar al-Horra oggi è effettivamente un’esperienza memorabile, quasi una piccola Alhambra con i suoi patio riccamente decorati, gli archi acuti e il piano superiore che ancora conserva pienamente l’aspetto di un’abitazione moresca, nonostante i secoli di proprietà delle suore clarisse del vicino convento.


Il centro, tra San Matias e Sagrario: incontro tra due mondi
La zona centrale di Granada è forse quella dove, più di tutte, vive la commistione storica e culturale tra medioriente e occidente, in cui si passa dai vividi colori dell’antico mercato della seta all’imponente maestosità rinascimentale della Cattedrale cattolica in solo pochi passi… con in più qualche chicca nascosta tutta da scoprire!
Ci dirigiamo qui subito dopo la nostra prima incursione tra i saliscendi dell’Albaycìn, nella tarda mattinata del nostro secondo giorno pieno a Granada. Seguiamo la via denominata, non a caso, Reyes Catòlicos, lungo cui si apre a un certo punto Plaza Isabel la Catolica, dominata dalla fontana monumentale che commemora la Reconquista del 1492. Proprio a due passi da questa ostentazione del trionfo cattolico sui Mori, però, è possibile immergersi ancora oggi in persistenti lasciti dell’occupazione moresca, prima visitando il Corral del Carbòn (Cortile del Carbone) e successivamente attraversando di nuovo il viale dei Re cattolici e percorrendo Calle Lòpez Rubio fino alla zona dell’Alcaicerìa.

Il primo edificio, inizialmente eretto per volere del sultano Muhammed V come magazzino e deposito per le merci di mercanti e commercianti, fu successivamente riconvertito prima in locanda e poi, appunto, in deposito di carbone a seguito della conquista castigliana. Dal 1933 è in mano allo Stato, dopo essere stato dichiarato monumento nazionale nel secolo precedente, ed è stato restaurato e aperto al pubblico, che ne può ora ammirare il cortile dal suggestivo aspetto un po’ trasandato: le bianche gallerie porticate tutto intorno al cortile centrale su cui si arrampicano scuri arbusti donano infatti un aspetto quasi trascurato ma a suo modo affascinante all’edificio.
Ci immergiamo poi nell’esplosione di colori di quello che era un tempo il suk della seta, che ancora oggi conserva l’anima moresca di un tempo: l’Alcaicerìa è costituita da una via principale che si dirama in diverse viette laterali, straripanti di prodotti di ogni tipo (e oggi anche da un sacco di negozi di souvenir ovviamente!). Questa zona, un tempo racchiusa da nove porte di accesso che si serravano la notte ed erano presidiate da guardie per proteggere la merce delle decine di botteghe al suo interno, visse un periodo di particolare splendore in epoca Nazrid ed era strettamente legata proprio al vicino Corral del Carbòn, dove i commercianti stipavano le proprie merci prima di dirigersi all’Alcaicerìa a scambiarle con sete, spezie e molti altri beni.
Proseguendo fino all’altro capo della via, si arriva direttamente alla piazza su cui si affaccia la Cattedrale, nostra meta successiva. La costruzione, che faceva parte di un più ampio progetto di “cristianizzazione” della città dopo la Reconquista, fu avviata all’inizio del Cinquecento con un progetto di architettura gotica, andando a erigere il complesso al posto dell’antica moschea. I lavori furono rallentati dalla morte della sovrana prima (che rese necessario dare priorità al completamento della Cappella Reale, dove avrebbero riposato le spoglie dei sovrani) e del principale architetto poi, a seguito di cui il progetto deviò verso l’attuale forma più rinascimentale. Il protrarsi dei lavori fino a inizio Settecento fece poi sì che anche gli interni subirono alcune modifiche rispetto ai piani originali, risultando oggi in una mescolanza di stili artistici che concorrono a regalare un magnifico colpo d’occhio dei sontuosi interni della chiesa.
L’ingresso alla Cattedrale ha un costo di 5€ a persona, inclusa un’audioguida: decisamente ben spesi per ammirare questo gioiello architettonico nel cuore di Granada.


A due passi dalla piazza della Cattedrale abbiamo poi modo di scoprire anche il Palazzo della Mandraza, ovvero l’edificio eretto nel Trecento dal sovrano Yusuf I come prima università pubblica del territorio andaluso, dove si sarebbero insegnate materie come teologia, astrologia, diritto, matematica e letteratura. Un vero e proprio centro culturale a due passi dalla grande moschea, che subì però sfortunatamente un pesante colpo dopo la conquista cattolica: molti dei libri all’interno della biblioteca furono infatti dati alle fiamme e gran parte delle architetture dai chiari richiami arabi distrutti senza pietà. A salvarsi fu però il mihrab, la sala di preghiera, l’unica stanza della Mandraza a conservare ancora ricchi intarsi in stile moresco grazie all’escamotage di coprire le pareti per nasconderne l’aspetto reale.
È possibile accedere a questa stanza non molto spaziosa ma splendidamente decorata, dalla forma ottagonale che culmina in una magnifica cupola, al costo formale di 2€ a persona. Il biglietto dà la possibilità poi di visitare anche altre parti dell’edificio, tra cui l’ampia Sala de los Caballeros, situata al piano superiore e sormontata da un incredibile soffitto ligneo dai complicati intarsi geometrici.
Questa palazzo, non sempre segnalato come tappa da non perdere a Granada e oggi sede dell’Accademia delle Belle Arti, è stata per noi una piacevole scoperta: un piccolo angolo semi-nascosto di eredità moresca, meno scenografico dei tanti altri palazzi disseminati per la città ma che, come loro, racconta di un ricco passato che la mano dei nuovi regnanti è riuscita solo in parte a cancellare.



Spettacoli di flamenco: dove andare
Per finire, non si può visitare l’Andalusia senza concedersi un’oretta o un paio d’ore per godere di una delle tradizioni più radicate e affascinanti che caratterizzano questa terra: il flamenco.
Quella che è diventata a tutti gli effetti una forma d’arte e di spettacolo, nasce in realtà come uno sfogo emotivo di gioie e dolori della popolazione gitana, inizialmente solo con un canto all’apparenza inarticolato accompagnato da battiti di mani e di piedi. Oggi il ballo e il canto sono seguiti dal suono delle chitarre, che rendono ancora più completa la performance.
Gli artisti che si esibiscono negli spettacoli sono quasi sempre di discendenza gitana, hanno le struggenti note del flamenco nel sangue e sono in grado di trasmettere emozioni fortissime nei loro spettacoli… io li ho trovati semplicemente da pelle d’oca!
Sebbene Granada possa definirsi il capoluogo dei gitani andalusi, ospitando il quartiere Sacromonte e le sue caratteristiche cuevas (case scavate nella roccia, molte di cui oggi sono state trasformate in locali dedicati, tra le altre cose, proprio alle esibizioni di flamenco), mi è stato consigliato da gente del posto di cercare altrove per godere di uno spettacolo che avesse un che di più autentico. Gli show con cena inclusa, in particolare, sembrano essere diventati una vera e propria attrazione per turisti, finendo per snaturare molti degli spettacoli che si possono trovare nei “locali-grotta” di Sacromonte.

Noi abbiamo alla fine optato per prenotare uno spettacolo a Los Olvidados, un tablao de flamenco proprio accanto all’omonimo palazzo (sede del Museo dell’Inquisizione) e a due passi da Plaza Nueva: si sono esibiti un musicista e due ballerine accompagnati da una voce maschile, uno spettacolo davvero coinvolgente ed emozionante.
In alternativa, sempre più o meno nella stessa zona, mi erano stati consigliati La Casa del Arte Flamenco e La Alborea. In ogni caso, viene richiesto agli spettatori di non filmare o fare foto agli artisti durante l’esibizione: verranno dati alcuni minuti per questo in un breve “bis” dopo la conclusione dello spettacolo vero e proprio.
A Granada abbiamo respirato la cultura moresca e le tradizioni andaluse come in nessuna delle altre tappe del nostro viaggio, abbiamo assaggiato alcuni dei cibi più particolari dell’intera vacanza, ci siamo riempiti gli occhi di meraviglie esotiche affiancate a scorci più “familiari” e abbiamo infine lasciato la città con una voglia incontenibile di tornare presto, per immergerci ancora tra i suoi colori, i suoi profumi e la sua storia millenaria, ancora vivida e presente tanto tra le strette viuzze quanto nei suoi monumenti più in vista.
Decisamente la sosta lungo il nostro on the road in Andalusia che più ci ha stregati, con le sue tante sfaccettature e il suo fascino “disordinato”: un vero e proprio mosaico di culture! Per voi è stato lo stesso?
Spero di aver dato qualche informazione utile a chi di voi sta programmando un viaggio in queste zone e risvegliato in chi di voi c’è già stato meravigliosi ricordi… Vi aspetto alla prossima con l’ultima tappa del nostro itinerario andaluso: la graziosa Cordoba!
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