È uscito proprio ieri nel Press Corner del sito ufficiale della Commissione Europea il documento che illustra le modalità con cui dovrebbe essere rilasciato il cosiddetto Digital Green Certificate, volto ad agevolare la circolazione tra Paesi comunitari in sicurezza già a partire (o almeno questo è l’obiettivo) da questa estate. Allo stadio attuale il certificato così inteso è ancora una proposta, che verrà discussa al Parlamento Europeo nei prossimi giorni, ma offre già uno spiraglio positivo sia per gli appassionati viaggiatori, che grazie a questo strumento fornito sia in formato digitale che, a richiesta, in cartaceo potranno tornare a spostarsi un po’ più a cuor leggero anche per piacere e non solo per necessità, ma anche per tutti gli operatori del settore viaggi e turismo che non vedono l’ora di tornare al lavoro… nel mio caso entrambe le cose!
Ma vediamo un po’ più nel dettaglio in cosa consiste questo “passaporto sanitario”, così da provare a rispondere ad alcune delle polemiche più comuni che mi è capitato di leggere di recente ogni volta che si nominava una possibile soluzione di questo tipo.
Partiamo proprio dal termine “passaporto sanitario”, che finora aveva suscitato non poche critiche vista l’associazione esclusiva che se n’era fatta con il programma vaccinale, ipotesi questa che aveva incontrato lo sfavore di quelle persone che non hanno la possibilità o, in alcuni casi, l’interesse ad accedere al vaccino.
Chiariamo subito che il Digital Green Certificate NON verrà rilasciato soltanto a persone che possono dimostrare di essersi sottoposte alla vaccinazione contro il virus Covid-19, ma anche a coloro che risultano aver già contratto e sconfitto l’infezione (sviluppando quindi i relativi anticorpi) nonché, semplicemente, agli individui che si sottoporranno a un test risultato negativo.
Tampone negativo come prova di mancata infezione: nulla di molto diverso da ciò che è già richiesto per spostarsi da un Paese all’altro quindi.
Questo strumento punta semplicemente a favorire la comunicazione di tali dati in maniera univoca e uniforme su tutto il territorio comunitario, dove si sono finora viste complicazioni dovute a certificati sanitari di diverso tipo rilasciati in diverse lingue dagli enti locali a cui il singolo viaggiatore si è rivolto.
Riguardo al vaccino, nello specifico, è indicato che non verranno imposte limitazioni legate alla tipologia: saranno infatti ritenuti ugualmente validi tutti i vaccini approvati dall’EMA.
L’utilità del Digital Green Certificate consiste nel presentarsi come un documento emesso sia nella lingua locale che in inglese dalle autorità nazionali competenti (che da noi saranno probabilmente ospedali, ASL o centri sanitari che svolgono i test antigenici), di facile scansione grazie a un QR code che racchiuderà la firma digitale dell’ente di rilascio garantendo così anche l’impossibilità di contraffazione del documento stesso.
Ciò renderà lo spostamento più agevole a livello di controlli e certamente anche più sicuro per le varie destinazioni, dove l’ingresso garantito solo a coloro che potranno dimostrare con questo metodo univoco e non falsificabile di essersi sottoposti ad almeno una delle misure di prevenzione richieste permetterà di evitare confusione e di bloccare più facilmente casi incerti (o proprio non idonei ma che “ci provano lo stesso”).
Il QR code contenente dati personali del proprietario del Digital Green Certificate ha però subito suscitato anche un altro interrogativo tra i più ansiosi: quello relativo alla privacy.
Ma il documento informativo legato alla proposta di legge chiarisce prontamente anche questo punto: quelli inseriti saranno solamente i dati strettamente necessari per l’emissione del “passaporto sanitario” (si ipotizza nome completo, data di nascita, data di rilascio del documento e altre informazioni legate al tipo di misura di prevenzione perseguita, se vaccino, tampone negativo o infezione guarita) e verranno conservati solo dall’ente di emissione, mai trasmessi alla nazione destinazione del viaggio, la quale dalla scansione del QR code otterrà solo le informazioni relative all’idoneità del viaggiatore a superare le attuali restrizioni e la prova di autenticità del documento comprovata dall’identificativo unico (chiave di firma digitale) dell’ente di rilascio.
Vale la pena ricordare infine, come molti hanno tenuto polemicamente a precisare (e come il documento informativo della proposta di legge stesso sottolinea), che è vero che la libera circolazione all’interno dell’UE è uno dei diritti fondamentali e inalienabili dei cittadini comunitari e che non dovrebbe quindi servire “un lasciapassare” per garantirlo. L’emissione del Digital Green Certificate non è tuttavia da intendere in questo modo, bensì come un’agevolazione per i cittadini volta proprio a garantire quel diritto fondamentale a fronte di una situazione che però, per forza di cose, non poteva rimanere quella di apertura indiscriminata. Come misura di agevolazione a una circostanza temporanea, ovvero le restrizioni nazionali imposte per contenere quanto possibile la crisi sanitaria, ovviamente anche il certificato ha natura temporanea (questo per tranquillizzare anche i più pessimisti).
Questo certificato dovrebbe essere disponibile anche a cittadini di Paesi terzi ma residenti in uno Stato membro e, oltre ai 27 Stati comunitari, garantirebbe la circolazione anche in Svizzera, Liechtenstein, Norvegia e Islanda.
Personalmente, in quanto “figlia dell’Unione Europea” per questioni anagrafiche, non avevo mai conosciuto prima una circostanza in cui la mia libertà di spostarmi senza troppa burocrazia tra uno stato e l’altro dell’Europa centro-occidentale fosse preclusa… motivo per cui già la Brexit mi aveva profondamente scossa in un primo momento e per cui mi sono trovata fin da subito, come molti, a vivere questa situazione di chiusura tra confini come quasi surreale.
Dopo mesi di incertezze e spesso sacrifici posso capire lo scetticismo di molti di fronte a gran parte delle nuove misure che si propongono, ma nel caso di questo strumento mi sentirei di provare un generale sentimento di ottimismo: si tratta senz’altro di un passo nella giusta direzione, che garantirebbe sicurezza e tutela sia personale che altrui senza poter essere tacciato di “discriminazione” o di strumento politico da coloro non vedono di buon occhio la vaccinazione obbligatoria (come d’altronde non è qui in Italia), favorendo una graduale riapertura anche ai viaggi di piacere senza il peso dell’insicurezza.
Voi che ne pensate invece, siete convinti da questa soluzione e la vedete positivamente come me o c’è qualcosa che cambiereste? Attendo di sentire le vostre opinioni e, nel frattempo, continuerò sicuramente a seguire con interesse gli sviluppi di questa proposta, per vedere se verrà effettivamente tramutata in pratica concreta e in che termini.
Alla prossima!