Mese di ottobre: autunno che entra nel pieno, le giornate si accorciano, l’aria si fa più pungente (beh, a Roma non proprio, anche quest’anno abbiamo vissuto una delle nostre ormai tradizionali ottobrate romane, ovvero un “ritorno di fiamma” di temperature ben più alte della media di stagione!), i colori più caldi, le foglie cadono… Ma chi mi conosce sa che il culmine per me è sul finire del mese, con i festeggiamenti per la ricorrenza di Halloween (se interessati la mia in merito a questa ricorrenza, al fatto che “ma non è una festa nostrah!1!!” e altre amenità simili ve l’avevo già lasciata brevemente QUI).
E andando a mixare la vena dark e paurosa di questo periodo con il mio impegno di quest’anno di celebrare la Città Eterna, quale miglior occasione per scrivere di alcune delle storie di fantasmi e misteri che popolano le vie del centro, legandosi a monumenti iconici e a tradizioni ormai secolari.
Come mi è capitato di ripetere qualche volta nell’arco degli scorsi mesi, una città che esiste da quasi tre millenni non può non aver collezionato nel tempo leggende metropolitane di ogni genere, alcune le avevo già elencate in un precedente articolo sulle curiosità di Roma, e la superstizione che permea in generale la cultura romana più verace, dai tempi dell’antichità a oggi, ha molto spesso a che fare con morte e spiriti più o meno inquieti. Quindi, in questo periodo in cui molte culture credono che il velo che ci separa dal mondo dell’aldilà si assottigli, eccomi a raccontarvi alcune delle più celebri leggende di personaggi spaventosi, demoni e presenze inquietanti della Capitale.
1) I fantasmi di Erodiade e Salomè al Laterano
Vi avevo già parlato della credenza della “notte delle streghe” legata alla Basilica di San Giovanni in Laterano nel secondo articolo dedicato alle curiosità di Roma, ma tra le figure che la tradizione popolare vorrebbe affiancate a presunte streghe che volavano a cavalcioni di draghi e scope e che la gente di Roma si accalcava davanti alla chiesa per scacciare scuotendo campanacci e battendo pentole rumorosamente ci sarebbero anche due celebri figure bibliche: quella di Salomè e quella di sua madre Erodiade. Quest’ultima, raccontata nei vangeli come donna spregiudicata che arrivò persino allo scandalo di trovare un amante e poi nuovo sposo in Erode Antipa, fratello minore del primo marito Erode Filippo, fu in realtà la reale mandante dell’uccisione di Giovanni Battista (uno dei due santi a cui è dedicata la basilica lateranense).

Erode Antipa aveva infatti imprigionato il Battista per le critiche che questo aveva mosso a lui e alla donna per la loro dissolutezza, ma non sembrava davvero intenzionato a sacrificarlo. Fu portato a ciò da un’aperta richiesta della figliastra Salomè, a cui aveva promesso pubblicamente qualunque cosa il suo cuore desiderasse, e questa istigata dalla madre gli chiese davanti a numerosi ospiti illustri della sua corte la testa di Giovanni Battista su un piatto d’argento. Non potendosi rimangiare la promessa di soddisfare qualunque richiesta della ragazza, Erode acconsentì, e questo passo evangelico è quello che nei secoli ha portato alla creazione della tradizione locale che vorrebbe le due presenze nefande, quella della diabolica madre e quella della figlia rappresentata però come piangente e pentita, tra gli spiriti che animerebbero la notte di San Giovanni nel quartiere lateranense. La superstizione richiamerebbe figure così lontane geograficamente oltre che nel tempo in questa particolare zona di Roma anche perché ritenuta una delle più legate spiritualmente alla Terra Santa per via della grande quantità di reliquie da lì provenienti traslate a Roma per volere della madre dell’imperatore Costantino, Sant’Elena, tra cui la più nota (rimanendo in tema di sacrifici) è senz’altro la Scala Santa: identificata come quella ascesa da Gesù durante il suo processo con Ponzio Pilato, ad oggi è possibile per i fedeli che cercano indulgenza dai peccati salirla interamente sulle ginocchia in segno di penitenza.
2) Le belve spettrali del Colosseo
L’Anfiteatro Flavio, arena che dalla sua inaugurazione nell’80 d.C. e fino alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente ha ospitato spettacoli di ogni sorta, diventando oggi un vero e proprio simbolo della città, è stato tristemente teatro anche di veri e propri massacri nell’arco dei secoli. Luogo di intrattenimento ma anche di esecuzioni, dove purtroppo molto spesso anche animali esotici trasportati nella Capitale dagli angoli più remoti dell’impero venivano sacrificati in maniera sanguinosa per il pubblico ludibrio. Si dice che in quegli anni, infatti, la sabbia che ricopriva la base dell’arena fosse costantemente rossa e che la sua utilità fosse proprio quella di assorbire il sangue versato da queste vittime. Non è quindi assurdo pensare che di tanti luoghi a Roma, questo possa essere uno di quelli che ospita il maggior numero di spiriti inquieti, non solo umani ma anche animali. Ci sarebbe in particolare un racconto di un celebre cittadino romano, il famoso scultore e autore Benvenuto Cellini, che riportò di aver partecipato insieme ad altri conoscenti almeno un paio di volte a un esperimento con un “negromante”, recandosi all’interno di quelle che all’epoca erano solo rovine pericolanti di epoca romana, spogliato di gran parte dei suoi marmi e altri materiali costruttivi nel corso dei secoli e semplicemente lasciato all’abbandono, ben prima della sua riscoperta per interesse archeologico. Allora non c’erano gli sbarramenti e i cancelli che impediscono di recarsi liberamente al suo interno, e Cellini partecipò a due di quelle che potremmo chiamare delle sorte di sedute spiritiche all’interno del Colosseo, scrivendo poi di aver visto coi suoi occhi belve spettrali spaventose, creature dall’aspetto quasi demoniaco che si materializzavano in quello che era stato il luogo del loro sacrificio.
Non possiamo sapere se sia stata perlopiù superstizione, suggestione o altro, ma le leggende sulle presenze che aleggerebbero ancora su quello che è stato a lungo un luogo di morte violenta persistono tuttora forse anche grazie a racconti come questo.
3) L’inquieto fantasma della regina Berenice al Ghetto

Passiamo ora alla superstizione che vorrebbe che lo spirito di una donna di grande potere, nientemeno che la regina di Giudea, aleggi ancora per le strade del quartiere ebraico e in particolare nella zona del Portico d’Ottavia, dove la sua comunità vive tuttora.
Si tratta della regina Berenice, portata a Roma dall’allora erede al trono Tito, figlio dell’imperatore Vespasiano. Tito fu il generale che comandò le legioni romane incaricate di placare la rivolta degli ebrei nel 70 d.C., che assediarono e infine riconquistarono Gerusalemme, e per questo ritenuto responsabile del vile atto di saccheggio del tempio (tra le gesta riportate nei bassorilievi sull’arco trionfale a lui dedicato nel Foro Romano). Ma al suo rientro a Roma, oltre a innumerevoli ricchezze, Tito portò con sé anche un altro tipo di “bottino di guerra”: la sovrana del popolo che era andato ad assoggettare, che divenne la sua amante. Il vero problema a corte si pose quando Tito annunciò al padre che era sua intenzione sposare la donna, e non soltanto tenerla come amante, cosa che fu fortemente scoraggiata da Vespasiano non solo per evitare di “contaminare” la linea di successione con una straniera, per giunta sovrana di un popolo che era stato così problematico per l’Impero di recente, ma anche per via delle molte voci sulla sua dissolutezza e gli scandali che l’avevano interessata in giovinezza: la donna, di circa vent’anni più grande di Tito, mostrava ancora una bellezza senza uguali, che negli anni l’avevano portata a essere sposata più di una volta e ad aver addirittura alimentato dicerie di incesti con il fratello.
Fu solo alla morte di Vespasiano che, forse per senso del dovere nei confronti del padre, Tito si decise finalmente ad allontanare Berenice dalla città, una separazione che la tradizione popolare vuole che la donna abbia accettato malvolentieri e che per questo ne abbia intrappolato lo spirito tra le strade di Roma, a struggersi ancora per la scelta del suo amante di perseguire il potere anziché l’amore.
4) La “Pimpaccia” e il suo cocchio infuocato su Ponte Sisto
Di questo personaggio, uno dei miei “fantasmi” di Roma preferiti, vi avevo già parlato QUI: soprannominata la “Papessa”, una delle donne più potenti di Roma ai suoi tempi, di lei si diceva che il Papa suo cognato (Innocenzo X della ricca famiglia Pamphili) non prendesse mai una decisione senza prima consultarla, che fosse impossibile avere da lui udienza se prima non approvati da lei… alcune malelingue insinuarono persino che i due fossero (non poi così) segretamente amanti. Di tutto e di più è stato scritto su Olimpia Maidalchini, detta dispregiativamente “la Pimpaccia”, anche la statua parlante di Pasquino (ve lo ricordate?) l’ha più volte presa di mira durante la sua vita, ma pare che gran parte dell’astio nei suoi confronti da parte della popolazione romana fosse dovuto al suo atteggiamento spesso altero e arrogante, ad alcuni scandali che la riguardarono (tra i tanti, pare che un suo giovane nipote, che la donna si spese molto per far appuntare come colui che avrebbe aperto la Porta Santa della Basilica di Santa Maria Maggiore in occasione del Giubileo del 1650, senza tra l’altro che questo avesse ancora neanche ricevuto i voti al tempo, fu scoperto ad aver trafugato dalla chiesa la cassetta con le monete commemorative del precedente Anno Santo), nonché alla sua avidità.

Di lavoro evidentemente ne aveva fatto la nobildonna se, dalle modeste origini in un paesino del viterbese, passò in pochi decenni a sposare in seconde nozze un esponente della potente famiglia Pamphili, uomo di almeno trent’anni più anziano di lei e che molti al tempo insinuarono che morì proprio avvelenato da lei, a diventare consigliera del nuovo pontefice che le conferì protezione e un potere smisurato in cambio del carattere autorevole e deciso che lei mise al suo servizio per gestire rapporti di corte, eventi pubblici, relazioni con ordini religiosi e appalti per nuove commissioni edilizie in città, e a ritrovarsi alla sua morte nel 1657 con l’impressionante somma di circa due milioni di scudi (uno scudo pontificio all’epoca poteva valere tra 50 e 70€ odierni)!
Proprio questa presunta brama di denaro e potere diede origine a quella leggenda che vuole che, alla morte di Papa Innocenzo X (appena due anni prima di lei), il corpo di quest’ultimo si trovò per ben tre giorni abbandonato al Vaticano in attesa di una sepoltura che furono poi due generosi attendenti del Papa a pagare, mentre Olimpia, viste le sue scarse possibilità di mantenere lo status dopo la scomparsa del cognato e protettore e sapendosi detestata da tutti in città, arrivò perfino a trafugare una cassa d’oro da sotto il letto del morto e a caricarla su una carrozza per fuggire in fretta il più lontano possibile. Quello che apparirebbe infatti in giorni di particolare maltempo su Ponte Sisto è lo spettro della donna sul suo cocchio trainato da cavalli dagli occhi fiammeggianti, che sfreccia in direzione di Trastevere per trovare riparo in Villa Pamphili.
5) Le mani spettrali di Costanza de Cupis a Piazza Navona
Quella di Costanza de Cupis è in realtà una leggenda tramandata da generazioni e generazioni che sembra trascendere la realtà dei fatti: si sa infatti molto poco della reale donna a cui è ispirata la storia di questa presenza nei pressi di Piazza Navona, mentre si crede che gran parte delle vicende narrate siano frutto di dicerie alimentate nel tempo. La nobildonna, che visse nella prima metà del Seicento, andò in sposa a un esponente della ricca famiglia dei de Cupis, allora proprietari del palazzo oggi noto con il nome Tuccimei sulla destra della chiesa di Sant’Agnese in Agone, e pare fosse particolarmente nota in città per la bellezza delle sue mani. Un noto scultore dell’epoca chiese addirittura di poterne fare un calco, che poi espose in bella vista fuori dalla sua bottega, dove la perfezione dell’opera suscitò vari commenti di apprezzamento dagli avventori. Tra questi si dice ci fu quello particolarmente vivido di un frate, che definì la mano così troppo perfetta per appartenere a un essere umano che avrebbe corso il rischio di essere mozzata per pura gelosia. Giunto alle orecchie della suscettibile Costanza, questo commento suonò più come un oscuro presagio che come un complimento: si chiuse in casa per timore di incontrare la persona che avrebbe potuto arrecarle quel danno, arrivando addirittura a credere che ciò avrebbe potuto essere una punizione divina per la sua vanità nell’accettare di mostrare le sue mani come opera d’arte. Ma come in una di quelle profezie che si autoavverano, fu proprio in casa che Costanza trovò la sua fine, pungendosi la bella mano mentre cuciva. La storia qui si fa quasi surreale nel dire che fu quella apparentemente innocua puntura a segnare la fine della donna, prima infettandosi e mandando in cancrena la mano, che le dovette essere amputata, e poi facendola morire di setticemia conseguente all’amputazione.
Come detto della veridicità di questa storia ci sarebbe molto da dire, ma la superstizione locale vuole che il fantasma di Costanza si aggiri ancora per il palazzo in cui abitò, mentre la sua mano pallida fa mostra di sé separatamente, appoggiata ai vetri delle finestre che danno proprio su Piazza Navona.

6) I demoni pagani del Pantheon
Anche del Pantheon e della sua lunga storia vi avevo già parlato in un precedente articolo, in cui menzionavo come questa impressionante struttura vanti il record di luogo di culto in utilizzo continuo per più tempo al mondo. Passato infatti dall’essere fin dalla sua ricostruzione nel secondo secolo un tempio pagano dedicato a tutte le divinità allora venerate a Roma a venire cristianizzato all’inizio del VII secolo, questa “doppia vita” del Pantheon non poteva passare inosservata agli occhi dei cittadini dall’immaginazione più fervida, che nell’arco dei secoli hanno portato all’invenzione di decine di storie e leggende che riguarderebbero uno degli edifici meglio conservati del periodo imperiale. La più celebre che rimanda a presenze sovrannaturali al suo interno (e che quindi ben si inserisce all’interno di questo elenco) è quella che vorrebbe che alla santificazione del luogo tutti i demoni pagani che lo abitavano fuggirono in massa attraverso l’oculus, ovvero l’enorme buco al centro della cupola.
Sicuramente il fatto che ancora oggi oltre che chiesa cattolica il Pantheon sia anche un luogo di sepoltura (dalle tombe monumentali dei primi re dell’Italia unita a quelle di celebri personalità e artisti del passato come Raffaello Sanzio e Annibale Carracci) nonché la sua fama di edificio concepito fin dalla sua fondazione come esoterico contribuisce non poco ad alimentare dicerie su spiriti che ne abiterebbero ancora l’interno e i dintorni… in particolare si dice che quello del re Umberto I, il sovrano della famiglia Savoia obiettivo di diversi attentati anarchici e infine ucciso da Gaetano Bresci nel 1900, sia quello che appare più di frequente, una volta anche lasciando un’evidente traccia del suo passaggio sotto forma di bruciatura sulla giacca dell’uomo di guardia alla tomba quella notte, a cui avrebbe affidato un messaggio politico che però l’uomo non divulgò mai per tutta la sua vita.
Curiosità: pare che questa giacca con la sua bruciatura sia tuttora visibile, esposta nel…
7) Museo delle Anime del Purgatorio
Se parliamo di inspiegabili presenze a Roma non possiamo non menzionare un luogo singolare, quasi unico nel suo genere, dove sono conservati reperti che si crede portino su di essi tracce visibili del passaggio di spiriti intrappolati in Purgatorio. La tradizione cristiana vuole infatti che, per quelle anime non ancora degne del Paradiso ma non talmente peccatrici da meritare l’Inferno, si aprano le porte di questo luogo di passaggio, dove l’anima viene avvolta da fiamme che la purificano fino a espiare completamente tutte le colpe accumulate in vita. Si crede anche che i viventi possano aiutare in questo processo commissionando messe in onore dei dipartiti, e che pregando per loro possano accelerare la purificazione e il passaggio al Regno dei Cieli. Per questo a volte alcune di queste anime manifesterebbero la propria presenza a persone che le hanno conosciute in vita, chiedendo di pregare per loro e lasciando tracce evidenti come bruciature su vesti, libri, tavoli e altri oggetti e mobilia come monito del loro passaggio e promessa di ritorno. Alcuni di questi oggetti, che testimonierebbero l’aleggiare di presenze venute direttamente dal Purgatorio, fanno parte della collezione esposta in questo peculiare museo, accessibile dalla sacrestia della caratteristica chiesa del Sacro Cuore del Suffragio, sul Lungotevere Prati (l’edificio in stile neogotico che chiamiamo “il piccolo Duomo”, riferendoci al ben più famoso Duomo di Milano dal momento che non abbiamo altri esempi di chiese costruite in questo stile architettonico a Roma).

La scelta di creare questo suggestivo luogo proprio qui si deve a Victor Jouet, un missionario francese che commissionò la nuova chiesa a fine Ottocento sul punto in cui sorgeva un’altra chiesa, andata distrutta da un incendio pochi anni prima. Pare che all’interno dei resti di questo edificio bruciato emersero molti segni identificati come tracce di anime inquiete che cercavano di palesarsi. Essendo il missionario anche il fondatore di una associazione religiosa specificamente dedicata alla preghiera in ausilio delle anime del Purgatorio, colse questa come una nuova missione e si fece promotore della raccolta dei reperti (non solo sul territorio romano ma provenienti da diverse parti d’Europa) di ogni tipo oggi esposti in questo piccolo museo, dietro cui ci sono le storie più disparate di apparizioni più o meno benevole di persone care dipartite.
8) Il fantasma di Beatrice Cenci a Castel Sant’Angelo
Una delle storie di fantasmi più celebre di Roma, forse per via della tragicità della storia che ha accompagnato la povera Beatrice alla tomba a soli 22 anni. Figlia di un padre violento e senza scrupoli, che dilapidava le ricchezze di famiglia e attirava su di sé ogni sorta di scandalo, forzata insieme alla sorella a vivere in un convento di clausura fin da otto anni di età e per buona parte della sua giovinezza, la storia di Beatrice Cenci non può non provocare un moto di compassione in chiunque l’ascolti. Non sembra così assurdo e appare spesso anzi quasi giustificato, nelle condizioni in cui fu costretta a vivere dal suo ritorno a casa dal convento, segregata in una rocca insieme alla matrigna Madama Lucrezia per impedirle di emanciparsi convolando a nozze e fuggendo dalle grinfie paterne come la sorella era riuscita a fare, che la giovane ragazza maturò il desiderio di liberarsi di quella figura oppressiva in ogni modo possibile. Pare che fu aiutata dalla stessa matrigna, da due dei suoi fratelli e un paio di servitori, anche loro stanchi dei soprusi sopportati da parte dell’uomo, quando inscenò la morte del padre: prima drogato con dell’oppio, gli furono spezzate le gambe e infilato un chiodo nella gola, poi il suo corpo fu fatto ritrovare ai piedi della rocca così da simulare un tragico incidente. Purtroppo, nonostante la vicenda fu inizialmente catalogata come tale, in seguito partì un’inchiesta che portò alla scoperta del complotto, rivelato sotto tortura da alcuni altri servitori, che fecero sì che tutti i colpevoli della morte del patriarca della famiglia Cenci (a eccezione del fratello più giovane, ancora minorenne e per quello condannato invece ai lavori forzati) subirono la prigionia e furono infine decapitati pubblicamente in Piazza di Castel Sant’Angelo. Era l’11 settembre del 1599 e il “caso di cronaca” aveva provocato una tale eco in città che una folla inverosimile si era radunata per assistere alla morte dei condannati. Si dice che la ragazza avanzò verso il patibolo a testa alta e che dopo la sua fine anche i due boia responsabili dell’esecuzione ebbero uguale sfortuna, uno accoltellato per strada e l’altro morto in preda a orribili rimorsi e visioni di quanto fatto.
Le spoglie della giovane, conservate inizialmente nella chiesa di San Pietro in Montorio, furono saccheggiate e poi disperse dai francesi che occuparono la città a fine Settecento e che trafugarono i materiali di valore nelle tombe all’interno della chiesa: di lei rimane solo il cesto che ne accolse la testa decapitata, conservata come molte altre analoghe all’interno della chiesa di San Giovanni Decollato, e una vivida memoria che alimenta la credenza che il suo fantasma compaia ancora ogni anno, il giorno dell’anniversario della sua morte, nei pressi di Castel Sant’Angelo, con la testa mozzata tra le braccia.

9) La casa di Mastro Titta, il “boia de Roma”
Tra tante anime in pena, vittime nella vita di ingiustizie e per questo ancora inquiete come fantasmi, la storia di Mastro Titta si inserisce in maniera anomala: di questa controversa figura si parla ancora nelle superstizioni di Roma non come vittima ma come carnefice. Parliamo infatti di un boia, anzi IL boia della Capitale, esecutore delle condanne capitali pontificie per quasi 70 anni per buona parte del XIX secolo.
Soprannome di Giovanni Battista Bugatti, di Mastro Titta si sa che aveva un taccuino in cui annotava tutti i nomi delle sue vittime, il crimine a loro riconosciuto e la pena a cui erano stati destinati (decapitazione, impiccagione, mazzolamento o squartamento), per mano sua trovarono la morte oltre 500 condannati e per la natura della sua opera gli era proibito recarsi nel centro di Roma. Casa sua si trovava al civico 4 di vicolo del Campanile, nel rione Borgo, e gli unici casi in cui lo si vedeva attraversare Ponte Sant’Angelo avvolto nel suo iconico mantello rosso, con gli attrezzi del mestiere tra le mani, era se c’era un’esecuzione in programma (queste infatti non si tenevano all’interno delle Mura Leonine ma in luoghi sulla sponda orientale del Tevere come Piazza del Popolo o Campo de’ Fiori). Descritto così sembra davvero quasi più il cattivo di un romanzo che un personaggio realmente esistito: della sua figura ambigua, che si dice dedicasse professionalità e distacco a un mestiere così cruento, vive ancora una fama alquanto discussa. Pare infatti fosse solito dedicarsi ai sacramenti di confessione ed eucarestia prima di ciascuna esecuzione e che mostrasse spesso gesti di apparente indulgenza verso i suoi condannati offrendo loro del vino o del tabacco prima di eseguire la pena.
All’uomo il cui soprannome finì per diventare vero e proprio sinonimo di “boia” nella tradizione romana fu infine garantita la pensione e un degno vitalizio nel 1864, all’età di 85 anni: morì cinque anni dopo, di lui si conserva ancora il mantello scarlatto in cui si avvolgeva in occasione di ogni esecuzione all’interno del Museo Criminologico di Roma, nei pressi di via Giulia, ma si dice che il suo fantasma possa ancora essere scorto, avvolto nell’iconico mantello, alle prime luci dell’alba mentre attraversa Ponte Sant’Angelo, offrendo a volte anche una presa di tabacco a chi incontra così come faceva spesso con i suoi condannati.
10) La “Colonna degli ossessi” a San Pietro
Concludiamo questa lista “dark” con un luogo che non verrebbe mai da associare a oscure presenze… o forse proprio per la sua natura legata al divino la superstizione locale ha voluto affibbiargli storie di presenze nefande, giocando sulla contrapposizione tra sacro e profano? Parliamo del centro del cattolicesimo odierno, la Basilica di San Pietro in Vaticano, come risaputo opera rinascimentale costruita sulle spoglie di una precedente basilica di epoca costantiniana che l’allora imperatore volle erigere sul luogo che si credeva ospitasse la tomba del cosiddetto primo Papa, l’apostolo San Pietro appunto. Al suo interno, un monumentale museo oltre che luogo di culto, migliaia di turisti ogni giorno hanno la possibilità di immergersi in un contesto spirituale ma anche ricco di opere d’arte di ogni genere: dagli sfarzi del Rinascimento e il Barocco, passando per esempi di sculture e architetture ancora precedenti. Uno di questi è una colonna tortile che si dice risalente proprio al VI secolo e all’originale basilica commissionata da Costantino, ma che la tradizione popolare farebbe risalire addirittura all’epoca di Cristo. La leggenda dice infatti che si tratterebbe di una delle colonne del tempio di Salomone, nello specifico quella a cui spesso Gesù si appoggiava durante le sue prediche, e che per via di questo contatto avrebbe assorbito poteri divini che in passato furono sfruttati per scacciare presenze maligne. La colonna è infatti stata usata a lungo per legarvi i cosiddetti “ossessi”, persone che si ritenevano possedute e da cui questi spiriti maligni venivano scacciati, tra urla e contorcimenti, tramite pratiche esorcistiche, rimanendo poi (così si credeva) ad aleggiare sopra San Pietro in attesa di abitare un nuovo “ospite”. La superstizione è stata a lungo così radicata che fino a diversi decenni fa si credeva ancora, qualora si udissero strani rumori all’interno della basilica deserta al mattino presto o alla sera tardi, che questi potessero derivare da quegli esseri liberati dagli “spiritati” un tempo incatenati alla colonna.
Per non perdere nessuno dei luoghi che vi ho elencato e seguire un percorso (non proprio brevissimo a piedi) che li includa tutti, anche questa volta vi lascio un comodo link a My Maps cliccando sull’immagine qui sotto:

E se state cercando poi altri luoghi suggestivi da scoprire in occasione di Halloween e del conseguente Giorno dei Defunti, quale luogo migliore delle centralissime Cripte dei Cappuccini, situate in via Veneto (vicino a Piazza Barberini), di cui vi avevo già parlato ampiamente nel relativo articolo?
Spero che questo elenco di racconti tra il pauroso, il macabro e il surreale vi abbia aiutati a entrare con il giusto mood nell’atmosfera spooky di questi giorni, e se vi capiterà di passare da Roma (anche non necessariamente in questo periodo) e siete fan di questo tipo di atmosfere magari vi darà qualche spunto per andare alla scoperta di luoghi insoliti e aneddoti dal lato dark della città.
Quante di queste storie conoscevate e quali vi hanno incuriosito di più? Oppure i racconti di misteri e fantasmi non sono in genere tra gli aspetti che trovate interessante approfondire durante la visita di una nuova città?
Attendo come sempre di sentire la vostra qui sotto nei commenti e vi do appuntamento alla prossima!

Sono laziale, abito a cento chilometri da Roma, ma non l’avevo mai guardata sotto questo aspetto. Non conoscevo infatti nessuna di queste leggende, e quella che più mi ha colpito è quella riguardante le apparizioni delle belve al Colosseo. Io credo molto nella manifestazione degli spiriti e sono sicura che Cellini ha detto la verità. Quando ho visitato l’interno del Colosseo anche io ho sentito addosso una strana sensazione di disagio.
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Ho sentito e letto che sono stati in molti negli anni a professare di aver percepito le stesse strane sensazioni e, francamente, non fatico a crederlo. Magari si può non credere alle presenze ultraterrene, ma c’è senz’altro qualcosa che “rimane” in qualche modo nelle pareti di un posto che ha vissuto così tanto, soprattutto a livello di sofferenza.
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Molto interessante questo tuo articolo, da appassionata di queste cose mi ha colpito molto.
Non mi stupisce la questione sul Colosseo, con tutto quello che vi è successo sarà pieno di anime tormentate che non trovano pace….
Ora che apriranno le visite anche ad una parte fino ad oggi chiusa chissà cosa si smuoverà.
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Sono d’accordo, credo che in luoghi che hanno “visto” molto rimanga sempre in un certo qual modo una traccia, anche senza necessariamente voler credere ai “fantasmi” nel vero senso del termine ma a livello di percezione, almeno, credo si possa sentire qualcosa.
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Quando ero bambina il mio rapporto con le storie di fantasmi era complicato: mi piaceva tantissimo ascoltarle, soprattutto quelle di un’amica di mia nonna che era bravissima a rendere l’atmosfera del racconto. Però poi, la sera, da sola in camera mia, non riuscivo a chiudere occhio per la paura. Pensandoci bene è ancora così oggi! Come allora, anche adesso non c’è niente che mi piaccia di più di un racconto spooky.
Inutile dire che non conoscevo nessuna di queste storie di fantasmi di Roma, e quella più inquietante secondo me è la storia di Costanza de Cupis: il pensiero di quelle mani fuori dal negozio e la triste sorte di quella donna… A tratti mi ha fatto tornare in mente le fiabe dei Fratelli Grimm nella loro versione originale e non “edulcorata” per i bambini!
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Oddio è vero, non ci avevo mai pensato ma ora che me lo dici nella sua “assurdità” (nel senso di risvolti surreali) quella di Costanza de’ Cupis sembra davvero una storia degna dei fratelli Grimm! Un’unione della Bella Addormentata che si punge con un arcolaio e cade in un sonno profondo e dettagli abbastanza inquietanti di storie come Cenerentola con le sorellastre che si tagliano via dita dei piedi e pezzi di tallone per farsi entrare la scarpetta di cristallo… brrrrrr
Ti devo dire la verità, il mio rapporto con le storie dell’orrore è ancora più o meno lo stesso che descrivi tu quando si tratta di personaggi che si potrebbero incontrare nella vita reale, persone disturbate che possono fare del male ad altre o simili, ma meno quando si parla chiaramente di creature sovrannaturali… però c’è da dire che raramente ho avuto a che fare con persone che le sanno raccontare così bene da farti entrare nel vivo della storia, forse in quel caso anche io comincerei a non dormire la notte pensando ai fantasmi (soprattutto se fantasmi dal passato inquieto come alcuni di quelli di cui si narra da noi) 😅
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Mi ha fatto ricordare una visita guidata che condussi in una sera d’estate qualche anno fa ripercorrendo più o meno i luoghi di cui parli. Posso aggiungere all’articolo la Torre delle Milizie dove si dice appaia nelle notti di luna piena Nerone, affacciato da qui mentre Roma bruciava e Colle Oppio dove sembra si aggiri Messalina.
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Quella della Torre delle Milizie mi mancava, io sapevo della presunta tomba di Nerone che per superstizione ha portato la gente a far costruire una chiesa (pagata dalla stessa popolazione) per santificare l’area e liberarsi del suo spirito maligno, quella che è oggi Santa Maria del Popolo. Del fantasma di Messalina al Colle Oppio sapevo ma ho voluto fermarmi a dieci luoghi e dieci storie, che già così sembra una mezza Bibbia… però davvero, quante ce ne sarebbero da ripercorrere e raccontare!
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