Le Cripte dei Cappuccini di via Veneto, tra i luoghi da non perdere di una Roma meno convenzionale

Roma, si sa, è un museo a cielo aperto e gran parte di ciò che ha da offrire è facilmente individuabile su una mappa delle principali attrazioni o facilmente localizzabile semplicemente girando per le strade del centro. Eppure, anche chi capita nella Città Eterna per l’ennesima volta e ha quindi già dedicato il giusto tempo al “giro classico” può contare su qualche sorpresa, qualche angolo meno tipico o qualche chicca inaspettata, magari nascosta in un vicolo meno battuto o situata in una zona generalmente frequentata più da locali che da turisti.
Il posto di cui vorrei parlare oggi appartiene a questa categoria pur non trovandosi affatto fuori mano… anzi, lo definirei “nascosto in bella vista” data la posizione centrale seppure defilata, ma lo descriverei anche come una di quelle attrazioni di cui in teoria molti sanno dell’esistenza (soprattutto grazie ai tantissimi tour dei “luoghi atipici” di Roma che lo includono) sebbene altrettanti non lo inserirebbero nella propria “lista degli imperdibili”, in quanto luogo dal fascino controverso e divisivo. Intriga e incuriosisce tanti come disgusta e fa inorridire altri… ma, a mio parere, dipende tutto dallo spirito con cui ci si approccia alla visita (regola che credo valida un po’ ovunque) e sicuramente conoscerne la storia aiuta a comprendere quella che, a prima vista, potrebbe apparire solo come una macabra ostentazione.
Sto parlando ovviamente delle Cripte dei Cappuccini, un ossuario in cui i resti dei frati che appartenevano alla congregazione nei secoli passati sono disposti in maniera creativa attraverso il soffitto e le pareti di cinque stanzette, fungendo da vere e proprie decorazioni delle stesse.
Situati a due passi da Piazza Barberini, le Cripte e il museo annesso sono accessibili tramite una monumentale scalinata che potrebbe attirare l’attenzione e tuttavia, paradossalmente, passa spesso inosservata nell’angolo ombreggiato di via Vittorio Veneto che occupa.

Se vi state chiedendo il motivo per cui questi resti umani non sono stati semplicemente accatastati casualmente in pile disordinate ma appesi con cura a formare elaborati disegni che richiamano ghirlande floreali, simboli religiosi e perfino veri e propri candelabri, vi racconto qui di seguito cosa ha portato alla realizzazione delle Cripte dei Cappuccini di Roma.

Un po’ di storia

Come molti sanno, i frati dell’Ordine minore dei Cappuccini discendono dai Francescani, l’ordine formato da San Francesco d’Assisi all’inizio del Duecento. Il motivo per cui il fondatore, Matteo da Bascio, sentì il bisogno di creare un nuovo ramo dell’ordine è perché all’inizio del Cinquecento la Chiesa sembrava aver in parte smarrito la retta via (è, d’altra parte, lo stesso periodo in cui la Riforma protestante iniziava a prendere piede in Europa per più o meno le stesse ragioni) e trovava che perfino tra i suoi confratelli gli insegnamenti originali di San Francesco non vivessero più pienamente come un tempo.
Volendo tornare alle origini, Matteo da Bascio invocò il desiderio di creare una nuova “sottofamiglia” francescana ancora più dedita all’ascetismo: non per niente, il saio che ha adottato per i suoi seguaci riporta lo stesso cordiglio francescano legato in tre nodi, a simboleggiare i tre voti di povertà, castità e obbedienza che li accomunano all’ordine principale, ma la chiamata è a privarsi ancora di più del superfluo per coltivare solo l’essenziale.

Alla creazione di questo nuovo ordine, tuttavia, non seguì immediatamente la costruzione di un luogo in cui poter vivere tutti insieme. Per diversi anni, quindi, i Cappuccini cambiarono più volte sede, fino a che non ebbero la fortuna di essere appoggiati dal Papa in persona (all’epoca Maffeo Barberini, ovvero il pontefice Urbano VIII), che volle far loro dono di una parte dei possedimenti della propria famiglia a beneficio di suo fratello Antonio, che si dà il caso che in quegli anni fosse proprio a capo dell’ordine. Fu così che il complesso che oggi ospita il Museo dei Cappuccini, la chiesa e le sottostanti cripte venne eretto.
Al momento di trasferirsi, tuttavia, i frati non partirono con i soli confratelli in vita, ma portarono con loro anche carri su carri di quelli ormai defunti, pronti a dar loro degna sepoltura nel nuovo luogo che li avrebbe ospitati come “quartier generale”.
Le cripte si rivelarono però troppo piccole per mettere tutti i crescenti resti a riposo sottoterra e, con il passare dei decenni, i frati si trovarono con più ossa di quelle che potevano seppellire… non si sa esattamente a chi venne l’idea, ma qualcuno pensò quindi di usare quelle stesse ossa come decorazione delle cripte, disponendole lungo pareti e soffitti andando a formare simboli che richiamano il messaggio ricorrente e fondamentale che l’ordine vuole trasmettere: memento mori, “ricorda che devi morire”.

Per quanto a un primo impatto queste parole possano trasudare tragicità, va tuttavia ricordato che nella concezione cattolica la morte non è la fine, ma solo un naturale passaggio del ciclo vitale, che non va quindi temuto ma accolto come parte dell’essere umani e, se si è condotta una vita giusta, si può accettare la morte con serenità.

Ovviamente le Cripte dei Cappuccini sono state realizzate non con l’idea che diventassero un giorno un’attrazione per turisti, ma come luogo di contemplazione per i frati stessi, e con questa stessa attitudine andrebbero quindi attraversate da chi vi si reca: con rispetto e, conoscendone lo scopo, con spirito incline alla riflessione (tra le altre cose, è vietato fare foto o video all’interno).

Simboli ricorrenti

Come detto, il messaggio principale che si voleva trasmettere in queste cripte era la consapevolezza che il nostro tempo sulla Terra è limitato e di usarlo quindi in modo saggio, guadagnandosi il Regno dei Cieli così da poter andare incontro alla morte con spirito sereno, non turbato.
In questo senso il messaggio di fondo, rimarcato anche in un’iscrizione all’interno della prima cripta (“Quello che voi siete noi eravamo, quello che non siamo voi sarete”), ha un’accezione da non considerare come tetra e minacciosa ma come intrisa di speranza: speranza in una vita al di là della morte per cui i nostri involucri terreni non contano più.
Gran parte dei simboli realizzati in maniera creativa con tibie, bacini, costole, scapole, teschi e vertebre vanno quindi a richiamare il concetto di tempo che passa (appena sopra il passaggio tra la prima e la seconda cripta appare un orologio senza lancette e in più occasioni è possibile riconoscere un oggetto che assomiglia a una clessidra con le ali, a simboleggiare letteralmente che “il tempo vola”) o a fungere in qualche modo da metafora per la ciclicità della vita (i motivi floreali).
Per molti altri simboli è necessaria poi un po’ più di immaginazione per l’identificazione, ma viene abbastanza facile dopo un po’ riconoscere immagini che appaiono tipicamente in luoghi di culto cattolici ma “deformati” dalla rappresentazione con sole ossa umane: le facce di angeli putti o il cuore di Gesù sormontato da una corona di spine.

Il percorso di visita

La scalinata che parte da via Veneto porta a un primo livello, da cui si accede al Museo e alle Cripte stesse, e prosegue poi verso l’ingresso della chiesa che sovrasta il complesso, dedicata a Santa Maria della Concezione. L’ingresso alla chiesa è ovviamente libero, mentre per accedere al museo e alle cripte troverete la biglietteria all’ingresso.

Museo

Non si tratta di una raccolta di reperti immensa, direi che anche fermandosi a osservare con attenzione tutti i dipinti, tutte le teche e a leggere tutti i pannelli informativi non porta via più di una ventina di minuti.
Fondamentalmente questa sezione raccoglie oggetti che ci raccontano la storia dei Cappuccini, da oggetti che facevano parte della loro quotidianità dentro e fuori i conventi a esempi delle loro vesti, da ostensori e altri oggetti appartenenti alla liturgia religiosa a quadri che rappresentano alcuni importanti esponenti dell’ordine, fino alla saletta finale in cui è possibile osservare un planisfero in cui sono indicate tutte le comunità di Cappuccini nel mondo.
All’interno della collezione di opere esposte, il pezzo forse più di spicco è un dipinto attribuito a Caravaggio, che rappresenta San Francesco nell’atto di meditare sulla morte, con un teschio tra le mani, in uno stile che effettivamente richiama tutti i tratti tipici dell’artista barocco: i contrasti di luci, l’iper-realismo delle figure (un santo rappresentato in forma estremamente umana, con le vesti stracciate e l’espressione corrucciata, non dai tratti perfetti e che quasi risplende di luce propria come la Chiesa richiedeva al tempo).

Cripte

Dal museo si accede direttamente al corridoio che attraversare le sei cripte, di cui cinque sono interamente decorate da ossa umane e la penultima è invece spoglia, in quanto utilizzata per le funzioni (ma non per questo meno degna di interesse). A ogni cripta è stato dato un nome convenzionale che richiama, semplicemente, un tratto distintivo:

Cripta dei tre scheletri
Il nome si riferisce ai tre piccoli scheletri che decorano la parete frontale (due) e il centro del soffitto (il terzo). Gli scheletri sono di piccole dimensioni perché appartenenti a tre bambine della famiglia Barberini, benefattrice dell’ordine che, per questo, ricevette il benestare a lasciare che i resti delle piccole, morte a causa di malattie infantili, fossero accolti insieme a quelli dei membri dell’ordine.
La loro stessa presenza è un triste monito che va a completare il messaggio “memento mori” con la consapevolezza che la morte è la vera livella dell’umanità, andando a colpire in maniera analoga ricchi e poveri, uomini e donne, giovani e anziani. Questa verità è esternata in maniera plateale anche da uno dei simboli sorretti dallo scheletro sul soffitto, ovvero la falce, mentre nell’altra mano è presente una bilancia (a ricordarci che il nostro operato in vita verrà soppesato al momento del trapasso).

Cripta delle tibie e dei femori
Anche in questo caso il nome richiama semplicemente la tipologia di ossa presente in maggior numero all’interno di questa stanza, sebbene qui sicuramente il simbolo di principale spicco avrebbe potuto essere il simbolo dell’Ordine, rappresentato al centro della parete frontale: due braccia incrociate, di cui una spoglia e una rivestita dalla manica marrone di un saio, che richiamano rispettivamente Cristo e San Francesco d’Assisi.
Da qui in poi si possono anche osservare delle croci piantate nel terreno (non un pavimento piastrellato come nella prima e nella penultima cripta), che ci ricordano che siamo in un vero e proprio luogo di sepoltura.

Cripta dei bacini
Le ossa che danno il nome a questa cripta sono disposte perlopiù nella parte centrale, andando a formare una sorta di baldacchino sotto cui, come nelle altre cripte, spiccano scheletri quasi intatti di frati in piedi, ancora vestiti dei loro sai.

Cripta dei teschi
Questa è forse la più scenica delle cripte, in quanto la parete quasi interamente rivestita di crani dà immediatamente l’idea dell’elevato numero di persone i cui resti sono andati nell’arco di circa due secoli a comporre le decorazioni che si possono ammirare oggi: oltre tremila!
Anche qui, nella nicchia centrale della parete di fronte, appare inconfondibile una clessidra alata.

La cappella della messa
Come accennato, questa è l’unica delle sei stanze a non presentare frammenti ossei appesi alle pareti, ma conserva tuttavia un altro resto umano: il cuore di Maria, una nobildonna della ricca famiglia Peretti (a cui apparteneva, tra gli altri, anche Papa Sisto V) che in vita finanziò spesso l’opera dei Cappuccini, di cui era una fervente sostenitrice, e il cui desiderio in punto di morte, accolto a quanto pare in maniera letterale, fu che il suo cuore rimanesse per sempre con loro come lo era stato in vita.

Cripta della Resurrezione
La conclusione del percorso non poteva che essere un ennesimo invito a meditare sulla morte con la consapevolezza di una vita eterna ad attenderci dopo: incorniciato dai motivi floreali, dalle arcate e dagli altri elementi architettonici sapientemente realizzati con frammenti ossei già visti nelle precedenti cripte, un dipinto che rappresenta il momento in cui Gesù resuscitò Lazzaro dalla tomba è il punto focale di quest’ultima stanza.

Informazioni pratiche

Come arrivare
L’ingresso al Museo e alle Cripte dei Cappuccini di via Veneto si trova a due passi da Piazza Barberini e, quindi, dall’omonima stazione della metro A, che è il metodo più rapido per raggiungere la zona.
Anche molte linee di bus transitano per la piazza e per la stessa via Veneto, come il 61, l’80, l’83, il 160 e il 590 (solo per elencarne alcuni), mentre sconsiglierei fortemente di arrivare in auto, dal momento che i parcheggi nelle vicinanze sono quasi introvabili.

Orari di apertura
Tutti i giorni dalle 09:00 alle 19:00 (ultimo ingresso mezz’ora prima della chiusura), a eccezione di festivi come Capodanno, Pasqua e Natale (chiusura anticipata alle 14:30/15:00 il 2 novembre e il 24 e il 31 dicembre).

Costi
Il biglietto per un adulto costa 8,50€ a persona, con sconti per gruppi e studenti under 25.
Alla biglietteria sono disponibili audioguide (in italiano, inglese e spagnolo) al costo di 5€ l’una, ma trovo che i pannelli informativi siano già piuttosto ricchi di approfondimenti se si vuole visitare il complesso in autonomia e non con una visita guidata.

Da ciò che sappiamo, le Cripte dei Cappuccini come le conosciamo oggi non hanno richiesto un periodo estremamente lungo per essere realizzate: molti illustri visitatori hanno avuto modo di accedervi nell’arco dei secoli, tra cui il Marchese de Sade è quello che fornisce una delle descrizioni più dettagliate di ciò che vi ha trovato, e dalle sue parole possiamo capire che nel Settecento la disposizione era già pressoché identica a quella odierna.
Tuttavia, dopo l’Unità d’Italia il Re proclamò che, parafrasando, secondo i canoni della moderna decenza un posto del genere non aveva ragione di esistere, per cui dichiarò illegale proseguire l’opera in alcun modo: tutt’oggi, dei blandi interventi di restauro possono essere realizzati a intervalli regolari, ma in caso di deterioramento più sostanziale (in caso di caduta di frammenti ossei, ad esempio) per legge non è più possibile rimettere a posto i pezzi, che devono invece ricevere una degna sepoltura.
A mio vedere, questo tratto transitorio dona ulteriore fascino e misticismo al posto: sapere che quello che si osserva non durerà per sempre sembra rafforzare quel messaggio di ciclicità della vita che è alla base stessa delle decorazioni, e regala un’esperienza doppiamente suggestiva.

Vi è mai capitato di ammirare le decorazioni delle Cripte dei Cappuccini di Roma dal vivo? Se sì, come vi hanno fatto sentire? Oppure siete stati in analoghe cripte in altre città, come Palermo, Parigi o Praga?
Attendo di leggere qui sotto nei commenti le vostre impressioni e, se vorrete, i vostri suggerimenti su quali avete preferito se ne avete visitato più di una.
Alla prossima!

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