Come il soprannome di Città Eterna già denota, Roma è un luogo antichissimo: ha compiuto ben 2.778 anni questo 21 aprile, secondo la tradizione che vorrebbe Romolo, uno dei due gemelli abbandonati lungo il fiume Tevere e sopravvissuti grazie alla lupa che li ha trovati e allattati, gettare le fondamenta della città proprio in questo giorno del 753 a.C..
Continuamente abitata per ben oltre due millenni e mezzo (e per quasi tutto questo tempo è stato la capitale di qualcosa, togliendo alcuni decenni prima della caduta dell’Impero Romano d’Occidente: dall’Antica Roma allo Stato Pontificio fino al Regno e ora alla Repubblica d’Italia), questa città si è col tempo guadagnata diversi appellativi oltre a quello già citato, tutti derivati da una diversa delle tante sfaccettature che la caratterizzano.
In questo articolo vorrei raccontarvi alcune curiosità legate alla Capitale, ad alcuni eventi storici che ha attraversato e che l’hanno segnata, ad alcune particolarità disseminate per le sue strade e piazze e in generale a ciò che ne ha col tempo fatto la Città Eterna per antonomasia.
1) Roma città dei record
Come già detto in introduzione, Roma è una città che vanta il record di essere tra le più antiche del mondo ad essere stata costantemente abitata fin dalla sua fondazione fissata all’ottavo secolo avanti Cristo, ma non è l’unico primato che detiene. Se in epoca imperiale è stata la prima città al mondo a raggiungere oltre un milione di abitanti (circa 1,5 milioni intorno al II secolo d.C., record successivamente eguagliato per la prima volta da Londra solo in epoca vittoriana), ancora adesso si tratta della città metropolitana più estesa d’Italia, grazie ai suoi 1.287km2 di estensione che ne fanno in realtà anche la più estesa in tutta l’Unione Europea (non considerando perciò l’Europa geografica come continente, dove altrimenti la batterebbero ovviamente altre metropoli come la già menzionata Londra).
In questa estesa superficie rientrano anche immense aree verdi, stimate nel complesso a circa 82.000 ettari tra giardini pubblici, ville e giardini storici adibiti a parchi urbani, aree protette e riserve naturali: Villa Ada, Villa Borghese, Villa Doria Pamphili, il Parco della Caffarella, la Tenuta di Tormarancia, la Riserva dell’Insugherata solo per nominarne un paio, spesso non solo splendide oasi dal caos cittadino ma veri e propri scrigni di storia punteggiati di resti archeologici, di meravigliosi edifici nobiliari ora passati a diverso uso, musei, bioparchi e orti botanici. Tutte insieme contribuiscono a fornire a Roma anche il record di comune in Europa con la maggiore superficie di aree verdi (se non avevate visto questo video di ormai qualche anno fa di ironico confronto con Parigi vi rimando con piacere sulla loro pagina).
Per non dimenticare l’immenso patrimonio culturale, vale anche la pena ricordare che si tratta, ça va sans dire, della città italiana con il maggior numero di rovine antico-romane (seguita da Verona) e con il maggior numero di chiese. Tra queste, il Pantheon vale una menzione a sé come vero e proprio edificio dei record, dal momento che essendo stato prima un tempio pagano dalla sua ricostruzione per volere dell’Imperatore Adriano all’inizio del II secolo e poi una chiesa cristiana dalla sua conversione a oggi può dirsi il luogo di culto ad essere stato in uso continuo più a lungo, ma vanta anche la cupola non rinforzata più grande al mondo.

Record poi forse un po’ meno poetico, ma a Roma è anche sorto il primo McDonald’s in Italia, nell’ormai lontano 1986: si tratta della sede accanto a Piazza di Spagna e, mi piace credere, sia stato solo l’apripista per tutta una serie di altre catene internazionali che, nonostante ferventi critiche simili a quelle che inizialmente osteggiavano l’arrivo del noto fast-food, stanno ora approdando una a una nel nostro Paese, da Starbucks in poi.
2) La città dalle “mille” chiese
Quest’altro soprannome di Roma deriva dal fatto, già accennato, che la città vanti il record di essere quella con il maggior numero di chiese in Italia: tra chiese principali, basiliche minori, piccole parrocchie di quartiere ecc. se ne stimano oltre 980 in funzione su tutto il territorio metropolitano (non contando quindi quelle sconsacrate).
La cifra impressionante si deve al fatto che mentre molte sono nate fin dall’inizio come chiese cristiane, moltissime altre sono ex-templi pagani convertiti in luoghi di culto cristiani quando questa religione passò dall’essere legalizzata (grazie all’Editto di Milano di Costantino del 313 d.C.) al divenire perfino la religione di stato dell’intero impero nel 380 d.C.: una capitale che, come detto, nel II secolo era arrivata a ospitare ben oltre un milione di abitanti, persone provenienti da ogni angolo dell’esteso impero, era per forza di cose un vero e proprio melting pot culturale ante litteram. Per le diverse comunità che si stabilirono a Roma in quei decenni sorsero decine di templi dedicati non solo alle divinità greco-romane, ma anche celtiche, mediorientali, nord-africane ecc., e furono questi edifici a contribuire al quasi migliaio di chiese che la città può vantare oggi. Per questo alcune hanno nomi estesi che fanno riferimento anche al precedente uso dell’edificio, come ad esempio Santa Maria sopra Minerva appena dietro al Pantheon (per spiegare quel “sopra”, vi rimando al punto 6).
Tra queste, alcune chiese sono oggi particolarmente significative per il cattolicesimo in quanto dichiarate parte del pellegrinaggio che ci si aspetta i fedeli compiano una volta giunti a Roma in occasione di un Anno Santo: le quattro Basiliche Papali (di cui vi avevo parlato QUI), che ospitano le quattro Porte Sante che, se attraversate durante un giubileo, consentono di ottenere l’indulgenza plenaria. Un tempo a queste quattro erano affiancate altre tre basiliche, Santa Croce in Gerusalemme (di cui vi racconterò un aneddoto interessante nel prossimo articolo), San Sebastiano e San Lorenzo fuori le Mura, per un totale di sette… numero apparentemente sempre gradito da queste parti.
Da questo originale percorso di pellegrinaggio delle cosiddette “Sette Chiese”, che in totale copriva una distanza di circa 20km, nasce il detto ironico “fare il giro delle sette chiese”, che si usa quando per fare qualcosa si è costretti a seguire un percorso particolarmente lungo e che impiega molto tempo.
È quasi impossibile trovare una piazza a Roma che non abbia almeno una o più chiese… eppure una c’è, ma ve la racconto in uno dei prossimi articoli 🙂

3) Rioni, quartieri e borgate
Tenendo in mano una mappa di Roma, avrete notato che i quartierini in cui è suddiviso il centro storico sono noti come “rioni”. Questo appellativo deriva dal termine “regiones”, usato in epoca romana già al tempo dell’imperatore Augusto per riferirsi alle zone in cui aveva suddiviso la città.
Originariamente, le regiones erano quattordici, a cui successivamente fu attribuito anche un vero e proprio nome oltre alla sola numerazione romana (Palatium, Aventinus, Caelimontium, Esquiliae, Transtiberim ecc., che ancora oggi fanno pensare alla denominazione attuale di alcune aree capitoline come il Palatino, l’Esquilino e Trastevere).
Successivamente alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente e con l’avvento dello Stato Pontificio prima e del Regno d’Italia poi, queste suddivisioni e diciture vennero di volta in volta rimaneggiate, passando a 12 aree, poi di nuovo a 14 con l’aggiunta del rione Borgo nel Cinquecento (la zona vicino al Vaticano), poi 15 con l’aggiunta del rione Esquilino dopo l’annessione di Roma al nuovo regno e, infine, a 22 rioni con l’istituzione di sette nuovi negli anni Venti del Novecento.
A questi si aggiungono ben 35 quartieri, ognuno oggi con il suo stemma riconoscitivo, ovvero suddivisioni della zona al di là del centro rese necessarie con il passare dei secoli per via della forte urbanizzazione ed espansione dei confini di Roma: Flaminio, Parioli, Salario, Ostiense, Appio-Latino, Portuense ecc.
Anche questi rimaneggiati, rinominati, suddivisi e riuniti nell’arco dei decenni, coprono oggi oltre 170km2 al di fuori dell’area centrale suddivisa in rioni.
A chiudere il cerchio abbiamo poi le cosiddette borgate, oggi termine meno usato ma che in passato era perlopiù inteso con nota dispregiativa perché si riferiva a quegli insediamenti sorti a volte in via spontanea (o addirittura abusivamente) ma, per la maggior parte, eretti dall’apposita commissione urbanistica in epoca fascista per decentrare alcune comunità. La cultura dell’immagine di quegli anni fu infatti ciò che determinò l’allontanamento di quelle fasce della società ritenute “indesiderate” (immigrati, disoccupati e sfrattati) oppure che si riteneva potessero ledere alla facciata di quella Roma che doveva tornare allo splendore del passato. In generale, era necessario anche rispondere tempestivamente alla richiesta di abitazioni per l’ingente numero di persone che dalle campagne stava continuando a riversarsi verso la città e dare un tetto a quelle famiglie espropriate dai pesanti restauri e rimaneggiamenti dell’urbanistica del centro che si stavano vedendo in quegli anni (la costruzione di via dei Fori Imperiali e via della Conciliazione sono solo un paio di esempi). Questi insediamenti vennero eretti in pochissimo tempo, spesso con materiali edilizi scadenti e seguendo piani di costruzione piuttosto anonimi, fino a creare quelli che tuttora alcuni definiscono veri e propri “quartieri dormitorio” di Roma, caratterizzati da edifici squadrati tutti simili e pochi centri di aggregazione. L’architettura tipica di questo periodo è ancora riscontrabile in molte di queste “borgate”, oggi in parte inglobate da altri quartieri limitrofi, in parte migliorate con la costruzione di parchi, servizi e centri per la socialità, ma in alcuni angoli purtroppo ancora sinonimo di degrado (da cui, mettiamo in chiaro, sfortunatamente neanche il centro storico è del tutto esente).

4) Roma e l’acqua
Una città che in epoca imperiale doveva soddisfare il fabbisogno di milioni di abitanti, aveva per forza di cose necessità di un ottimo sistema di approvvigionamento idrico. Per questo, oltre alle tantissime fontane pubbliche e alle terme, importantissimi nell’Antica Roma erano gli acquedotti, di cui ancora oggi fanno fiero sfoggio le imponenti rovine non solo all’interno di spazi verdi come l’omonimo parco non lontano dall’Appia Antica, ma anche all’interno del reticolato urbano, spesso incastonate all’interno di costruzioni moderne. Pensate che in quei secoli a Roma arrivava più acqua in un giorno di quanto ne ricevesse New York City giornalmente negli anni ’80, grazie alle 11 linee di acquedotti che servivano la città.
Ancora oggi, comunque, Roma non manca di punti di rifornimento di acqua fresca, dal momento che oltre alle molte splendide fontane monumentali si possono contare almeno 2.500 nasoni (ve ne avevo parlato brevemente QUI insieme alle altre app) che, al contrario delle prime, forniscono acqua potabile. In totale, tutte queste insieme rendono Roma la città con il maggior numero di fontane al mondo. Di queste la più celebre è forse la Fontana di Trevi, nota perché comparsa in moltissime pellicole ma anche per la famosa tradizione della monetina: si dice che, tenendo la schiena verso la vasca, si debba tirare rigorosamente con la mano destra lanciando oltre la propria spalla sinistra, e facendo centro ci si assicura il ritorno in città. Ogni anno il comune di Roma raccoglie in totale la bellezza di quasi un milione e mezzo di euro dal fondo della fontana, tutti donati in beneficienza.
Altra curiosità sulla Fontana di Trevi è che, così come altre celebri fontane monumentali del centro storico, è ancora alimentata da un antico acquedotto romano, l’unico ancora in funzione: l’Acquedotto Vergine, di cui è ancora possibile ammirare il Castellum Aquae al di sotto del Cinema Trevi. Via dei Condotti, che parte da Piazza di Spagna in direzione di Via del Corso, ha tuttora questo nome perché il corso dell’Aqua Virgo in direzione dell’attuale Fontana di Trevi passava proprio per questo punto.
Ma l’acqua è stata a volte anche pericolo per la città in passato: le frequenti esondazioni del Tevere prima della costruzione dei Muraglioni a fine ‘800 sono infatti spesso state causa di distruzione, diffusione di malattia e molto altro. Per le strade di Roma è facile ancora oggi trovare delle placche commemorative con riportate una linea e una data: sono l’anno di una certa piena del fiume e il livello raggiunto dalle acque durante quella piena!

5) Il Tevere e le sue antiche strutture galleggianti
Legata ai tanti straripamenti del Tevere in passato è anche la plurisecolare storia di caratteristiche strutture che per oltre un millennio hanno caratterizzato il panorama fluviale romano: i cosiddetti molini, o mole.
Ad oggi il Tevere è un fiume molto meno “vissuto” dalla popolazione rispetto ad altre capitali europee ben più legate al corso d’acqua che le attraversa (pensiamo alla Senna a Parigi o al Tamigi a Londra): esistono compagnie che organizzano brevi tour in barca, sono presenti piste ciclabili lungo la riva bassa che in estate si popola anche con festival, stand gastronomici e musica dal vivo, di recente il Comune ha anche inaugurato diversi parchi fluviali di affaccio in zone recentemente riqualificate del lungotevere, ma di certo a guardarlo com’è oggi non verrebbe da pensare al Tevere come a un fiume brulicante di vita e attività. Eppure in passato è così che le sponde apparivano: piene di costruzioni galleggianti ancorate con pesanti catene, in cui erano situate ruote per macinare il grano.
L’introduzione di queste strutture lungo il Tevere risale all’invasione barbarica a Roma: quando i Visigoti attaccarono la città e, per stremarla, distrussero molte delle linee di acquedotti che consentivano il quotidiano approvvigionamento idrico, la popolazione superstite fu costretta a volgersi verso il fiume per proseguire con le attività per il sostentamento di base, come appunto la produzione di farine per il pane. Da allora e fino al tardo Ottocento queste strutture, formate da due piccole imbarcazioni affiancate con sospesa in mezzo la ruota a pale che, mossa dalle acque, azionava la mola, si sono moltiplicate fino a diventare parte integrante del paesaggio urbano. La loro presenza per lunga data si ritrova tutt’oggi anche nei nomi di alcune zone vicine al lungofiume, come via della Mola dei Fiorentini (piccola via che congiunge via degli Acciaioli e il Lungotevere dei Fiorentini, a due passi dalla chiesa di San Giovanni dei Fiorentini che dava appunto il nome a questa famosa mola un tempo situata proprio in quel punto del fiume) e Ponte Cestio, il ponte che congiunge il lato occidentale dell’Isola Tiberina a Trastevere e che, in passato, per via delle tante catene lì presenti per ancorare i molini era anche stato soprannominato “Ponte Ferrato”.
Fu però proprio una delle ultime piene del Tevere, nel 1870 (l’altezza delle acque che invasero il centro storico è documentata da una placca sul lato sud di Piazza Navona, vicino a Palazzo Pamphili), a decretare la definitiva dismissione di queste strutture, che per molti secoli erano stati una risorsa per la popolazione ma anche un disagio in periodo di alluvioni, incagliandosi spesso nelle arcate sotto i ponti o venendo trasportate con violenza dalla forza straripante del Tevere verso strade o abitazioni.
Curiosità sull’odonomastica, ma non solo: anche altri natanti che punteggiavano regolarmente il fiume in passato si ritrovano ancora oggi nei nomi delle vie del centro o in famosi monumenti. Ad esempio una traversa tra via Monserrato e via Giulia (ci troviamo in zona Lungotevere dei Tebaldi, sponda est a metà strada tra l’Isola Tiberina e Castel Sant’Angelo) è ancora nota come via della Barchetta perché, prima della costruzione dei Muraglioni, la vietta scendeva direttamente verso la sponda del Tevere da cui si poteva salire su un’imbarcazione che, ancorata ad una fune, consentiva il passaggio diretto da una sponda all’altra. Altre popolari imbarcazioni teverine erano quelle caratterizzate da sponde laterali più basse, utili per il più agevole carico e scarico delle botti di vino, di cui si dice una in particolare sia stata trasportata fino al centro dell’odierna Piazza di Spagna a fine Cinquecento da un’esondazione particolarmente violenta e per questo motivo vi sia stata commissionata la Fontana della Barcaccia di Pietro Bernini (padre del più celebre Gian Lorenzo) con quella particolare forma.

6) La “lasagna archeologica”
Come si suol dire, “Rome wasn’t built in a day”… ed è vero! Difatti le tante epoche che si sono susseguite nelle diverse “vite” vissute da Roma attraverso i secoli sono ancora lì a testimoniarcelo, a fare capolino da un angolo della strada: due archi di un antico acquedotto incastonati tra due palazzi moderni vicino San Giovanni in Laterano, le mura serviane di epoca repubblicana che emergono nel piazzale davanti alla stazione Termini, torri medievali che svettano in pieno centro storico, la piramide Cestia che intervalla le Mura Aureliane, a loro volta interrotte in diversi punti per fare spazio a nuove strade che consentissero un migliore fluire del traffico contemporaneo.
Quando diciamo che “Roma è una lasagna” intendiamo anche questo: il continuo sovrapporsi di diversi periodi storici e stili architettonici che rimandano a epoche diverse.
Ma la vera lasagna archeologica romana è tutta da scoprire al di sotto dell’attuale livello stradale: le esondazioni del Tevere di cui parlavo poco più su sono anche state uno dei motivi principali che hanno portato alla frequente distruzione di interi quartieri di Roma nell’arco dei secoli, in seguito ricostruiti sulle loro stesse macerie creando una vera e propria stratificazione perlopiù sotterranea. Anni fa, raccontandovi della Basilica di San Clemente, avevo già accennato a questa simpatica espressione con cui le guide di Roma amano (alcune in realtà odiano) riferirsi alla città: strati di diversi periodi storici nascosti allo sguardo, sepolti da secoli e secoli di alluvioni, incendi, terremoti per poi essere sormontati da nuove costruzioni… proprio come gli strati di una lasagna, ma in questo caso farcita da macerie, resti di edifici del passato, a volte veri e propri gioielli archeologici che potrebbero tranquillamente fare mostra di sé in un museo ma che allora erano semplicemente materiale di scarto, usato per stabilizzare la costruzione di un nuovo edificio sopra ai resti di quello andato perso o non più fruibile a causa dell’inesorabile innalzamento del livello stradale, metro dopo metro, a seguito del solidificarsi dei sedimenti che il fiume rilasciava dopo ogni piena.
Il sottosuolo di Roma è davvero uno scrigno di tesori che trasportano indietro nel tempo: i sotterranei di San Martino ai Monti, di San Nicola in Carcere, la Cripta paleocristiana sotto la chiesa di San Crisogono, le Case Romane del Celio, il Mitreo del Circo Massimo, il Vicus Caprarius e tantissimi altri siti sono un esempio lampante di come il lato visibile del passato di questa città (i resti archeologici e gli edifici e strutture antiche che affiancano e si fondono con costruzioni più moderne) sia solo una minima parte di quanto ancora Roma preservi dei secoli scorsi… ed ecco perché in alcuni casi, come anticipavo qualche punto fa, oggi ci sono toponimi cittadini che richiamano un “sotto” e un “sopra”, riferendosi alle costruzioni precedenti ora sormontate da nuovi edifici.
Per approfondire l’argomento, vi rimando al sito dell’associazione Sotterranei di Roma, con cui ho avuto il piacere di collaborare qualche volta come accompagnatrice turistica, che gestisce la stragrande maggioranza dei siti sotterranei della Capitale e organizza tour ed eventi in alcuni dei più suggestivi.

7) Il numero “fortunato” di Roma
Sette è decisamente il numero più ricorrente quando si parla di Roma e della sua storia: i famosi sette re di Roma furono i primi regnanti della città, prima che si instaurasse la Repubblica; in epoca tardo-repubblicana si istituirono poi diversi collegi con mansioni sia pubbliche che religiose, formati da sette uomini e per questo chiamati septemviri; le Mura Aureliane, erette nel III secolo d.C. come cinta difensiva della Capitale avevano originariamente 14 porte, doppio di 7; il celebre itinerario già menzionato nel punto 2 era un percorso di pellegrinaggio che comprendeva sette chiese; sebbene i nomi abbiano radici ben più antiche, è in epoca romana che si sono istituiti i sette giorni della settimana come li conosciamo oggi; anche le lettere utilizzate per creare i numeri romani sono di base sette (I, V, X, L, C, D, M); e, ovviamente, tutti sappiamo che Roma è stata costruita su sette colli… Ecco, quest’ultimo punto in realtà poteva essere vero all’inizio, ma con l’espansione di Roma anche al di là del Tevere gli originali Palatino, Aventino, Celio, Campidoglio, Esquilino, Viminale e Quirinale sono stati in seguito affiancati anche da altre alture, tra cui l’oggi celebre colle del Gianicolo (accanto al Vaticano e da cui si gode di una splendida vista sulla città, oltre a poter assistere giornalmente a una cerimonia di cui vi parlerò nella parte 2 di questo articolo sulle curiosità di Roma).
Ma, anche se possiamo dire che i colli di Roma oggi sono un po’ più di sette, per il resto la ricorrenza di questo numero della storia della città l’ha reso quasi un numero “magico”.
8) Sanpietrini e pietre miliari: particolarità delle strade romane tra ieri e oggi
Una delle caratteristiche romane si riscontra senz’altro nella pavimentazione che ne ricopre gran parte di vie e piazze del centro storico e non solo: quelle pietre perfettamente squadrate e dalla superficie liscia (ideali per rendere le camminate disagevoli sia sui tacchi che quando piove *inserire ironia qui*) lunghe poco più di 10cm che oggi tutti conoscono con il nome di sanpietrini.
Queste pietre, ricavate da leucitite (roccia vulcanica proveniente dalla zona dei Colli Albani, area di un antico vulcano situata a pochi chilometri a sud-est da cui ha origine anche il tufo che si trova nel sottosuolo romano, la pietra pomice e ovviamente il basalto un tempo impiegato per la pavimentazione delle strade dell’Antica Roma), hanno infatti preso questo nome dopo essere state impiegate nel rivestimento della piazza antistante alla Basilica di San Pietro. Si dice perciò spesso erroneamente che piazza San Pietro sia stata la prima zona della Roma moderna a essere rivestita di queste caratteristiche pietre, e da qui la denominazione, ma in realtà questa riqualificazione risale al Settecento mentre già all’epoca di Papa Sisto V, quindi a metà del Cinquecento, molti interventi urbanistici avevano portato al largo impiego di “sanpietrini” per ricoprire il fondo stradale di importanti vie e piazze del centro.
Il basolato romano, invece, ancora visibile ad esempio in alcune sezioni dell’Appia Antica (oggi dichiarate Patrimonio UNESCO per questo e per la presenza di suggestive strutture di epoca antica, monumenti funebri e mausolei ancora ammirabili), sebbene formato da una simile composizione minerale aveva forma diversa delle rocce, di dimensioni maggiori ma sempre piatte e secondo le fonti storiche, a differenza di quanto si può riscontrare oggi (in cui queste sezioni appaiono sconnesse), deposte in maniera ineccepibile, a formare un fondo stradale liscio e agevole per i carri e gli altri mezzi dell’epoca.

L’Appia Antica (o Regina Viarum, “prima autostrada della Storia”, che connetteva la capitale alla punta estrema della Puglia) è solo uno dei molti esempi di strada consolare romana che ancora ci restano oggi, alcune restaurate e modernizzate ma ancora utilizzate seguendo lo stesso tracciato romano e altre a cui sono state affiancate versioni moderne che viaggiano parallele alle originali di epoca romana: per me si tratta sicuramente di una delle infrastrutture più incredibili di quei tempi che ancora possiamo ammirare, insieme a mura cittadine e acquedotti.
E già che ci siamo, non è neanche vero che “tutte le strade portano a Roma”, semmai il contrario: tutte le strade consolari costruite in epoca romana erano pensate per portare via da Roma, per raggiungere le varie zone periferiche dell’Impero. Lo dimostra il fatto che, lasciandosi alle spalle il centro storico seguendo l’antico corso di queste vie, in alcuni casi è ancora oggi possibile incontrare le cosiddette pietre miliari (le originali oppure delle copie messe lì dopo aver trasportato le originali in musei): colonne poste a segnare la distanza coperta dai soldati romani allontanandosi da Roma, una ogni miglio romano (il termine miglio viene proprio da mille, in quanto localizzate esattamente a mille passi l’una dall’altra).
9) Proprietà extra-territoriali a Roma
Tutti sanno che una delle particolarità di Roma è di essere una città con al suo interno una nazione: infatti il piccolo Stato di Città del Vaticano è interamente conchiuso all’interno del territorio metropolitano. Oltre però a quello che è facilmente individuabile su qualunque mappa come territorio vaticano, quello cioè che appare racchiuso dalle Mura Leonine, a Roma sono presenti numerosissime proprietà extra-territoriali della Santa Sede, ossia luoghi che pur essendo sul territorio italiano godono delle stesse leggi di immunità politica riservate alle ambasciate per via dei Patti Lateranensi, accordi firmati nel 1929 per porre fine al lungo periodo di tensione tra il Papato e l’allora recentemente unificato Regno d’Italia e sancire la nascita del Vaticano come lo conosciamo oggi. Tra queste, non solo edifici istituzionali come il Palazzo di Propaganda Fide a Piazza di Spagna, il Palazzo della Cancelleria nell’omonima piazza, il Palazzo del Sant’Uffizio e diversi altri, ma anche le già menzionate Basiliche Papali e complessi adiacenti come il Palazzo Lateranense e la Scala Santa rientrano in queste proprietà.
Non sono invece tecnicamente proprietà extra-territoriali vaticane le Catacombe di Roma, pur essendo proprietà della Chiesa Cattolica e gestite dalla Commissione Pontificia di Arte Sacra fin dall’Ottocento.

Oltre alla Santa Sede, ad avere proprietà extra-territoriali a Roma (al di là, come detto, delle ambasciate di un gran numero di nazioni straniere) è anche un celebre ordine religioso cavalleresco, ovvero il Sovrano Ordine di Malta. A questo ordine appartengono come proprietà extra-territoriali a Roma il Palazzo Magistrale in via dei Condotti, sede del governo dell’Ordine e residenza del Gran Maestro dai primi dell’Ottocento, e la Villa Magistrale (o Villa del Priorato), situata sul colle Aventino e famosa per il suo “buco della serratura”, ovvero uno spioncino nel portone da cui, stando con i piedi su suolo italiano in Piazza dei Cavalieri di Malta, è possibile guardare attraverso il giardino di loro proprietà fino alla Cupola di San Pietro in lontananza, in Città del Vaticano: praticamente tre diversi Stati con un solo sguardo.
C’è infine una chiesa che, tradizionalmente, si dice possa essere definita “proprietà della Terra Santa” in quanto del terreno proveniente da lì è stato disseminato sulle fondamenta dell’edificio per consentire a Sant’Elena, madre dell’Imperatore Costantino, di trasportarvi le reliquie della croce di Cristo… a questa chiesa è legata una storia nel prossimo articolo.
10) Le Madonnelle romane
Così sono chiamate affettuosamente dai romani quelle piccole edicole votive con diverse raffigurazioni della Madonna, che possono essere affreschi, dipinti o mosaici della Vergine incoronata, con bambinello tra le braccia, durante l’Assunzione in cielo o in altre pose. A testimonianza della grande devozione della popolazione romana verso la Madonna nell’arco dei secoli, riscontrabile anche nei nomi delle chiese (almeno una quarantina sono dedicate a Santa Maria) tutt’oggi si contano circa 500 di queste raffigurazioni su tutto il territorio cittadino, anche se pare che originariamente fossero molte di più: a sopravvivere tuttora sono infatti perlopiù opere risalenti al Seicento, Settecento e Ottocento, con pochissimi esempi di epoca precedente.
Pare che l’origine, anche in questo caso come per molte altre strutture e tradizioni soppiantate dal Cristianesimo, fosse pagana: agli incroci delle vie in epoca romana era tipico installare piccoli altari dedicati ai Lares Compitales, che similmente ai larari casalinghi che proteggevano le abitazioni private avevano in questo caso il compito di vegliare sulle intersezioni stradali. In un certo senso, con la trasformazione in piccoli luoghi di culto mariani decorati da candele e ceri votivi, questi altari continuarono a lungo a svolgere una simile funzione, fungendo da punto di illuminazione per viuzze e intersezioni altrimenti spesso totalmente abbandonate al buio di notte.

Così come all’immagine della Madonna Salus Populi Romani, di cui vi avevo parlato nel paragrafo su Santa Maria Maggiore nel già menzionato articolo dedicato alle Basiliche Papali, anche a molte di queste raffigurazioni nel corso degli anni sono stati attribuiti poteri, miracoli e legati fatti inspiegabili.
Un’ulteriore curiosità sulle Madonnelle di Roma è legata a un tipico detto capitolino: “cerca’ Maria pe’ Roma”. Questa frase popolare viene utilizzata in generale per indicare una ricerca lunga e impegnativa, e deriva dalla difficoltà che molti pellegrini in città avevano in passato per trovare una particolare effige della Vergine, “nascosta” nel cosiddetto Passetto del Biscione, vicino Campo de’ Fiori.
Queste sono solo alcune delle tante particolarità che si possono scoprire visitando Roma con sguardo curioso e voglia di approfondire la sua storia millenaria e i suoi aspetti più tipici. Fatemi sapere quante di queste conoscevate già e se ce ne sono altre che vi intrigano e che condividereste.
E se vi va di saperne di più anche sulle leggende e sugli aneddoti che si narrano ancora relativamente a famose attrazioni e angoli un po’ meno noti della città, vi invito nelle prossime settimane a non perdere la seconda parte di questo articolo legato alle curiosità di Roma!

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