Lo scorso novembre, nel primo articolo del mio primo “mese londinese”, avevo già avuto modo di fare un (non così) breve recap di come si era aperta la mia parentesi di vita nella capitale britannica.
C’erano in ballo molte incertezze su cosa mi aspettasse, un amore immenso per una città che avevo imparato a conoscere negli anni ma che non avevo mai affrontato da local, il fatalismo del “ok, io parto con in valigia il necessario per un mesetto, se poi questo progetto non va in porto vorrà dire che mi dedico a girare Londra dalla mattina alla sera e rientro con un volo prima di Natale” che si scontrava con la testardaggine di chi, però, in fondo in fondo non vorrebbe proprio fallire.
Nonostante il tempo trascorso da questo soggiorno abbia un po’ affievolito il ricordo della frustrazione per la ricerca di una stanza in affitto e per il costante contare i risparmi per arrivare a fine mese lasciando perlopiù solo memorie piacevoli, è indubbio che come in ogni grande città il tipo di sfide a cui sei chiamato in quanto “local” siano diverse rispetto a quelle che si possono vivere passandoci solo qualche giorno in vacanza.
Ricordo le farfalle nello stomaco sull’aereo, senza ancora un contratto firmato e dovendo ancora trovarmi un tetto per i prossimi mesi; ricordo ore e ore sui siti di affitto e di come avessi iniziato a odiare anche termini ricorrenti come “spacious” e “fully-refurbished” (non necessariamente corrispondenti a verità!). Ero così in ansia di trovare un posto che non mi avrebbe mandata sul lastrico che non mi sono goduta affatto quei giorni trascorsi in ostello durante l’affannosa ricerca di casa e ne ho solo un ricordo dolceamaro.
Alla fine mi sono trovata una stanza a casa con una famiglia con giovane madre single e due bambini che mi costava appena 20£ in meno del mio stipendio (or should I say rimborso spese?) mensile, quindi l’abbonamento dei mezzi e tutte le altre spese sarebbero andate a pesare sulle mie tasche… ma questo uno lo mette in conto: che Londra è cara è una frase semi-cliché che si sente almeno tanto quanto “non ci sono più le mezze stagioni”.

Vivere con una famiglia sicuramente pone di fronte a qualche gap culturale anche persone particolarmente adattabili (come mi ritengo anch’io): mi limiterò a menzionare il disallineamento degli orari dei pasti, ma ovviamente il peggio è stato il non trovare terreno comune su alcuni aspetti di vita quotidiana che normalmente ti fai semplicemente andar bene, ma che magari alla lunga stancano e trovarsi nella posizione dell’ospite e non di “pari” come può essere in un appartamento con tutte persone in affitto mette anche in condizione di soggezione.
In generale puoi essere fortunato e trovarti da Dio, o puoi come me scoprire un mese prima della fine del tuo contratto di tirocinio che la tua landlady ha improvvisamente deciso di trasferirsi e vendere casa e devi quindi trovarti di punto in bianco un altro posto in cui stare, possibilmente non dall’altra parte del mondo per risparmiarti un affannoso trasloco.
Il far west degli affitti londinesi è qualcosa che solo chi l’ha vissuto può capire, come quando chiedi di aspettare DUE giorni per versare una caparra confirmatoria (perché sei al verde) e dopo neanche 24 ore l’agenzia ti chiama per dirti che ha un altro interessato davanti quindi che vuoi fare? Il panico…
Ma per fortuna l’ultimo mese è passato di gran lunga meglio: avevo una stanza micro rispetto alla precedente, dividevamo casa (e soli due bagni e mezzo) in otto di quattro nazionalità diverse, non avevo neanche le tendine alla finestra (non c’erano abitazioni a due passi fortunatamente, ma per sicurezza mi sono comunque sempre cambiata in un angolino buio della stanza!)… tuttavia solo la nuova compagnia ha fatto la differenza e mi ha fatta finalmente entrare nell’ottica di come può essere vivere in una città multiculturale come Londra. Ci si scambiava qualche parola a colazione o a cena con i coinquilini che per lavoro e per abitudini di vita avevano più o meno i miei orari, con qualcuno ci si limitava a organizzare i turni per usare lavatrice e asciugatrice mentre con altri si è anche riusciti a fare qualche cena di cucina tipica propria fatta in casa e qualche uscita insieme.


Avevo trattato brevemente la difficoltà di trovare alloggi degni a costi umani così come altri pro e contro di vivere a Londra in questo guest post… certo, parliamo di oltre dieci anni fa quindi le cose potrebbero essere cambiate, soprattutto dal punto di vista burocratico visto il conseguente subentrare della Brexit a complicare il quadro precedentemente non poi così tragico per quanto riguarda il trasferirsi e il trovare lavoro in Gran Bretagna: il mio problema era stato semplicemente legato a una mancata comunicazione con la mia futura datrice di lavoro, ma non a complicazioni amministrative o altro. Avevo infatti preso accordi via mail e avevamo pseudo-fissato un giorno per l’inizio del mio tirocinio, quindi avevo acquistato il biglietto del volo per circa una settimana prima in modo da avere tempo di sistemarmi e avevo iniziato a organizzarmi per trovarmi un tetto sopra la testa… di lì in poi il nulla, non ho più saputo niente, non avevo una firma sui miei moduli o altro che sancisse definitivamente l’impegno reciproco (lo so, organizzazione per nulla inglese verrebbe da pensare). Ho scoperto poi in seguito di alcuni problemi personali che hanno purtroppo interessato la mia responsabile e che hanno causato questi ritardi, ma vi lascio comunque immaginare il dubbio che mi attanagliava allora.
Riguardo il contesto generale che si può trovare quando si decide di andare a vivere a Londra, dicevo, potrei quindi forse descrivere situazioni leggermente diverse rispetto alle circostanze attuali, ma credo perlopiù dovute all’esperienza personale e non a un vero e proprio cambio di rotta: una cosa sono infatti certa che non sia cambiata, ed è l’atmosfera che ti circonda quando arrivi a Londra. È una città che può farti brillare gli occhi e ammaliarti ma che, come con molte altre mete e come succede in una normale relazione, tende a mostrarsi meno attraente una volta passato l’iniziale periodo di infatuazione.
Per me in realtà non è stato propriamente così, sono ancora innamorata nonostante le difficoltà economiche e non solo affrontate in quel periodo, ma ad alcuni più di altri potrebbe pesare il fatto che per quanto i londinesi possano essere disponibili a darti un’informazione al volo quando sei un visitatore in difficoltà ciò non distoglierà la maggior parte di loro dal proprio obiettivo della giornata, che sia arrivare dal punto A al punto B entro tot ora o sbrigare la commissione X prima di sera. Questo, e ho potuto constatare lo stesso anche parlando con altri quindi non è stata una problematica legata a me soltanto, rende in generale difficile instaurare rapporti di qualunque tipo, non solo di amicizia. Anche con la famiglia che mi ha ospitato per i mesi iniziali c’era un legame di quella che chiamerei superficiale cordialità: lei è stata molto carina nel prepararmi del brodo di pollo i giorni in cui sono stata raffreddata tra novembre e dicembre, ma per il resto ci si vedeva poco e, in sostanza, anche se ho inizialmente frainteso delle sue gentilezze come voglia di scambio e mi sono quindi offerta un sabato di preparar loro il pranzo e mangiare insieme, di ritorno dalle vacanze di Natale ho portato due calze della Befana per i bambini e molto altro ancora, ho capito presto che la mia presenza era perlopiù tollerata in quanto “fonte di entrate extra” ma altrimenti non proprio “cherished”.
Ovviamente in questo caso parliamo di una situazione prettamente personale, ma in generale a seconda di che tipo di personalità siete vivere in famiglia potrebbe creare qualche disarmonia.


Tolta la difficoltà a fare nuove amicizie (al di là potenzialmente del luogo di lavoro e magari di alcuni gruppi di expat che organizzano qualche incontro di tanto in tanto), rimane il fatto che Londra ha così tanto da offrire che ci si può comunque intrattenere. A lungo andare la cosa potrebbe pesare chi ha più bisogno di affetti vicini e magari portare a un più generico rifiuto per la città in toto, motivo per cui credo che a molti Londra da residenti vada di traverso, ma come dicevo fortunatamente non è stato il mio caso perché l’ho sempre adorata e trovarmi lì per un tempo ben più ampio rispetto alle mie solite capatine di 3/4 giorni o una settimana massimo è stato un felice cambiamento di cui ho voluto godere appieno, avendomi dato l’opportunità di esplorare e a volte semplicemente perdermi e passeggiare senza meta in questo o in quell’altro quartiere come difficilmente ho potuto fare in altri momenti della mia vita in cui dovevo invece, per forza di cose, “seguire una tabella di marcia” anche in base alle persone che viaggiavano con me.
Ho dovuto necessariamente imparare a barcamenarmi un po’ con le risorse che avevo: che sia uno stage (quindi pagato poco) come nel mio caso o un lavoro vero e proprio ma con salario da entry level, va da sé che i primi tempi richiederanno adattamento e di certo qualche rinuncia.
Io ho usufruito di letteralmente qualunque escamotage mi permettesse di risparmiare qualcosa e comunque godermi la città al massimo, ad esempio per l’abbonamento dei mezzi (necessario per andare in ufficio) ho optato per acquistare delle Travelcard mensili per sole zone 2 e 3, rispettivamente quella in cui lavoravo e quella in cui vivevo, pagando poi il supplemento sulla Oyster card ogni volta che prendevo la metro per la zona 1 (solo nei weekend, in cui ero libera, oppure se avevo tempo mi spostavo in bus così da non avere alcun supplemento addebitato sulla carta… e mi godevo anche un po’ la vista strada facendo): pagare la differenza di prezzo per includere anche la zona 1 e non poterne usufruire tutti i giorni non avrebbe davvero avuto senso.

C’è comunque da dire che volendo, al di là dei costi esosi per vitto e trasporti, di cose da fare a Londra a poco prezzo o proprio gratis se ne trovano: dai musei ai parchi al semplice girovagare per una città che non si ferma quasi mai e offre sempre uno scorcio diverso, un nuovo passatempo, un’iniziativa periodica di cui si legge in giro, online o sulle varie newsletter a cui ci si può iscrivere e che ti portano, con la scusa, a scoprire un nuovo posto… e ce n’è davvero per tutti i gusti! Anche cose che normalmente o in altri posti non ti passerebbe neanche per l’anticamera del cervello di provare.
Ho avuto la fortuna di vivere a Londra nei mesi a cavallo tra l’autunno 2013 e la primavera 2014, quindi con in mezzo anche il periodo natalizio (che io già adoro di mio, figuriamoci quando si ha la possibilità di trascorrerlo in una città che sa il fatto suo in tema di luminarie), il Capodanno cinese (apertura dell’anno del cavallo), la Maslenitsa russa e la celebrazione di San Patrizio in Trafalgar Square. Con i pochi amici in zona (in particolare Tania, compagna di università e mio punto di riferimento londinese in quanto arrivata qualche tempo prima di me – per non dire vero e proprio faro nella notte avendomi accolta generosamente sul suo divano nelle primissime, ansiose ore in città ed essendo stata sempre la prima persona su cui potevo contare per organizzare le esplorazioni del weekend), abbiamo battuto il lungotamigi in su e in giù, partecipato a serate a tema in vari locali, passeggiato per parchi e mercatini dell’usato, scoperto per caso vicoletti e luoghi persi nel tempo (come il Rose Theater, di cui vi avevo parlato QUI), cantato e ballato come delle quindicenni alla proiezione Spice World – Sing and Dance Along in un cinema vicino Leicester Square, ammirato le sculture di ghiaccio all’Ice Sculpting Festival girovagando per Canary Wharf, incontrato per caso “Doctor Who e Dog Who” passeggiando vicino il Millennium Bridge (un altro Dottore, il “mio” Dottore, sono proprio andata a vederlo interpretare Riccardo III a teatro, perché se riesci ad accalappiarti un biglietto al ridicolo prezzo di 10£ per la piccionaia why not?), approfittato di coupon sconto sulle confezioni dei cereali per usufruire di due ingressi al prezzo di uno ad alcune singolari attrazioni che non avevamo ancora mai avuto modo di scoprire, visitato alcuni dei musei più interessanti immersi nell’inedita atmosfera serale e alcune mostre un po’ meno intriganti ma comunque da vedere, organizzato qualche gita fuori porta in giornata, divorato churros al Christmas Wonderland di Hyde Park e… vissuto così tanti piccoli e grandi momenti quando di semplice quotidianità e quando di extra-ordinarietà che sarebbe impossibile elencarli tutti.



Forse, anche sulla base non solo della mia personale esperienza ma anche di quanto ho sentito dire ad altri, il rischio che cercherei di evitare è proprio di non farsi fagocitare dalla sola routine lavorativa: qualcuno potrebbe non avere molta alternativa, ma se si ha scelta e si vuole partire per Londra non solo per un’esperienza professionale ma anche di vita, consiglierei di mettersi da parte un gruzzolo sufficiente a fronteggiare anche quei primi tempi di magra senza sentire il bisogno spasmodico di rincorrere solo il guadagno per sopravvivere. Rinunciare a tutto questo, agli intrattenimenti più “impegnati” e i must-see così come alle giornate e serate più cheesy e spensierate, solo perché si fanno tre lavori contemporaneamente è sempre e comunque un peccato, ma la vivrei come una rinuncia fin troppo grande in una città come questa.
Ok, l’avrete capito, forse sono di parte: ho trovato che Londra sia un posto singolare, che con la stretta connessione di un resident ti può momentaneamente portare a odiarla in certi momenti di forte frustrazione, ma poi ti dici che “non puoi rimanere arrabbiato con lei”, e alla fine puoi essere obbligato ad andartene per un milione di motivi e spinto a rimanere per altrettanti, o come me puoi semplicemente scegliere di tornare a casa a fine tirocinio perché capisci che si trattava solo di una parentesi temporanea, che vuoi continuare il tuo percorso da un’altra parte, sapendo però in cuor tuo che continuerete a vedervi regolarmente e “rimarrete sempre buoni amici”.
Indipendentemente dal risultato, come scrivevo nel guest post citato prima, credo che Londra sappia offrire così tanto da legarti per sempre, nel bene e nel male, e viverci anche solo per un periodo di tempo relativamente breve ti fa quasi credere irrazionalmente che nessuno possa conoscerla o amarla quanto te, ti fa sviluppare un senso di appartenenza che quando torni a passeggiare per quelle zone che hai amato, che ti hanno accompagnata e aiutata a superare i momenti di solitudine semplicemente immergendosi nel vortice più o meno caotico del centro (e per me alcuni dei luoghi del cuore, seppure centrali, sono in realtà ben lontani dalla frenesia delle grandi arterie del turismo e dello shopping di massa) ti senti quasi come se ti stessi riconnettendo a un contesto familiare. E queste sensazioni, onestamente, sono quelle che più mi hanno colpito della mia esperienza di vita a Londra: scoprire come, predisponendosi bene, questa città riesca a far sentire a proprio agio anche una persona cresciuta in un paesino dal carattere provinciale, che può adattarsi perfettamente a un reticolato di trasporti urbani apparentemente complesso e in generale alla “vita nella metropoli”… e calarsi così bene nella parte da sentirsi spesso dire che a tradirla come persona non del posto fosse solo il fatto di aprire l’ombrello alle prime due gocce di pioggia!

Trovo che Londra sia una di quelle città che provoca sentimenti contrastanti, non magari al livello di “la ami o la odi”, ma comunque sento di persone che ne sanno solo elogiare i pregi e altre che non fanno che rimarcarne i difetti.
Per me è da sempre uno dei luoghi che ho più a cuore essendo stata, tra le altre cose, la mia prima destinazione estera da adolescente, e tuttora è una città in cui sento un bisogno viscerale di tornare regolarmente ogni tanto, che quasi sento come una seconda casa.
Anche non fossi una che crede nel destino, mi sarebbe balenato in mente che dev’esserci stata una forza maggiore a far sì che si liberasse un posto da stagista in un’agenzia di traduzione proprio lì esattamente quando io ho fatto domanda alla mia università per un tirocinio post-laurea.
Il resto sono aneddoti e storie che non mi stancherò mai di ripercorrere, anche solo con la memoria.

Pingback: Londra per tutte le tasche: idee per cose gratuite (o quasi) da fare nella capitale inglese – All Roads Lead From Home