Viaggio in Perù #3 – Tra storia, tradizioni radicate e maestosi condor: verso la Valle del Colca

Al nostro quinto giorno di viaggio in Perù, è finalmente tempo di abbandonare i panorami cittadini e avventurarci verso le alture andine e la natura incontaminata di questi paesaggi, che si fanno via via più radi di vegetazione man mano che si raggiungono passi montani a ben oltre 4.000 metri sul livello del mare.
Da Arequipa la nostra prima meta naturalistica non poteva che essere il Colca Cayon, a solo poche ore di strada: decisamente una delle principali attrazioni nel sud del Perù per gli amanti dell’outdoor. Percorsi trekking, vedute mozzafiato, ma anche piccoli villaggi che punteggiano la valle scavata dall’omonimo fiume in cui perdersi in un colorato mercato e incontrare gli abitanti del luogo, spesso nei loro costumi tradizionali (chi per ragioni spiccatamente turistiche e chi, soprattutto le persone di una certa età, semplicemente per abitudine).

Durante le due giornate di viaggio tra Arequipa e Puno, in cui ci siamo immersi nella vita più lenta di questi paesini rurali e ci siamo confrontati per la prima volta con altitudini ben superiori ai 3.000 metri, abbiamo finalmente osservato un Perù più autentico, ammirato i paesaggi naturali caratteristici che ci aspettavamo di attraversare durante questo itinerario e vissuto alcune delle prime elettrizzanti emozioni che questa destinazione ci ha regalato.

Ecco cosa aspettarsi da un’escursione verso la Valle del Colca e un paio di cose da sapere prima di avventurarsi!

Lungo la strada…

Oltre alla visita della Valle del Colca in sé, il tragitto per raggiungerla è l’occasione perfetta per scoprire anche altri incredibili luoghi naturalistici del Perù meridionale, che si incontrano lungo la strada: per ammirare le mandrie di vigogne che abitano la Riserva Naturale di Salinas y Aguada Blanca, per avvicinare lama e alpaca che gli allevatori del posto portano a pascolare a due passi dalla strada e per meravigliarsi alla vista dei tanti vulcani (molti attivi!) facenti parte della cordigliera delle Ande Centrali che incorniciano l’orizzonte dal Mirador de los Andes!

Quest’ultimo punto è un belvedere situato a ben 4.910 metri di altitudine, prima fermata in cui (forse più per autosuggestione che altro) ho sentito una lieve mancanza di ossigeno… sicuramente complice la vista del paesaggio a dir poco lunare che lo circonda, che dava la sensazione di essere in un altro mondo. Un terreno brullo e coperto a perdita d’occhio dai classici mucchietti di rocce impilate dai tanti visitatori, che si fermano qui a “omaggiare” le divinità che tradizionalmente venivano associate con ciascun picco.
La piazzola del belvedere presenta dei pannelli con su scritti i nomi e le altitudini di tutti i rilievi visibili in lontananza. A parte dei banchetti di souvenir, però, qui non si trovano veri e propri servizi, quindi se vi avventurate in questa direzione in autonomia e non con un tour organizzato, per una sosta completa è bene fermarsi prima (poco dopo l’incrocio con la strada che porta verso il Lago Titicaca, che percorreremo il pomeriggio seguente, si trovano un paio di “stazioni di servizio” dove usare i bagni e farsi preparare un buon mate de coca, in corrispondenza del suggestivo Bosco di Pietra di Patahuasi).

Valle del Colca: un po’ di storia

I 14 paesini disseminati per la Valle del Colca, ciascuno contrassegnato all’ingresso da un caratteristico arco monumentale, sono abitati da persone che discendono direttamente dalle popolazioni pre-incaiche che si sono stabilite in quest’area nei primi secoli dopo Cristo, iniziando a lavorare la terra creando i terrazzamenti tuttora ben visibili e ancora sfruttati dagli agricoltori locali (principalmente per le coltivazioni di patate e quinoa).
Queste popolazioni possono essere ricondotte a due rami etnici principali: i Collaguas e i Cabanas, rispettivamente gli abitanti della parte alta e della parte bassa della Valle del Colca. I primi vivevano principalmente di allevamento di alpaca mentre i secondi di agricoltura di mais nelle fertili terre più a ridosso del fiume.

Ho trovato molto affascinante, grazie ai racconti della nostra guida, ritrovare alcuni tratti tradizionali di queste etnie anche nella popolazione attuale: era infatti uso nelle due popolazioni deformare il cranio dei neonati per dargli una forma che distinguesse una popolazione dall’altra (fasciature di stoffa per rendere le teste dei Collaguas più strette e allungate e piatti di legno legati sulle teste dei Cabanas per renderle più ampie e schiacciate); ad oggi, pur non essendo più presenti queste pratiche, coloro che discendono dall’una o dall’altra etnia sono riconoscibili grazie alla forma più piatta o più allungata dei cappelli che indossano.
Queste popolazioni si sono incontrate e, per un certo tempo, scontrate, prima di decidere di trovare un terreno comune e vivere in armonia gli uni con gli altri: stando a quanto ci ha riportato la nostra guida, i valori fondamentali caratteristici della vita rurale di queste zone (amore, lavoro, sapere, aiuto reciproco) sono ancora vivi nelle popolazioni locali.
Quando gli Inca hanno conquistato queste zone, a partire dal tardo Trecento, hanno potuto sfruttare ampiamente il terreno già adibito a coltivazioni terrazzate dalle popolazioni precedenti, continuando quindi la tradizione agricola di Collaguas e Cabanas. Infine, come nel resto del Perù, l’arrivo dei conquistadores ha significato un più radicale passaggio di mano: una distruzione diffusa di ciò che richiamava gli idoli e la cultura preesistente, seguita dalla costruzione di chiese in stile coloniale e altre architetture di stampo ispanico che tuttora caratterizzano i paesini della valle.

Il Canyon del Colca in cifre

Il Canyon del Colca vanta una profondità massima di circa 3.200 metri, il che lo rende uno dei più profondi al mondo (secondo solo al suo “vicino” Cotahuasi). Quasi due volte più profondo del celebre omologo nordamericano, il Grand Canyon, il Colca Canyon è col tempo diventato ovviamente una delle attrazioni più famose e frequentate di tutto il Perù, con una media di 120.000 visitatori l’anno.
Il canyon, che si estende per una lunghezza totale di circa 70km, si è formato in tempi geologicamente recenti, ovvero circa 100 milioni di anni fa, e la valle che si è formata è popolata da almeno 2.000 anni.
Il colpo d’occhio sulla valle quando si arriva dal Passo Patapampa è a dir poco suggestivo, con i piccoli centri abitati circondati da colline terrazzate e una vegetazione presente ma rada, in cui curiosamente a farla da padrone sono alberi non autoctoni, bensì importati in epoca post-coloniale: gli eucalipti.

Conoscere i padroni di casa: i condor

La Valle del Colca è anche la casa di uno dei rapaci più caratteristici dell’intera cordigliera andina: il condor, riconoscibile rispetto ad altri rapaci non solo per via delle dimensioni maggiori (può raggiungere un’apertura alare di circa tre metri), ma anche per le caratteristiche piume alle estremità delle ali, che hanno la forma di mani. Maschi e femmine differiscono principalmente per la presenza nei primi di una piccola cresta sulla testa, mentre a distinguere un esemplare giovane da uno adulto è il collare di piume, che con l’età da bruno diventa bianco.
Per molto tempo in passato gli abitanti della valle hanno cacciato questi animali, ritenendoli pericolosi per il bestiame, fino a ridurne pericolosamente la popolazione totale. Ora ovviamente è risaputo che i condor si nutrono di carcasse, non di animali vivi (anche per questo i loro artigli non sono particolarmente forti), per cui non sono affatto un rischio per gli allevamenti e, anzi, l’attuale attenzione a preservarne la popolazione locale a quasi un passo dall’estinzione è passata anche per interventi quali lasciare libere le mandrie nel territorio di volo dei condor, forti del fatto che non avrebbero attaccato gli animali in vita ma, quando questi sarebbero morti per cause naturali, i rapaci avrebbero trovato più facile nutrirsi.
Questa e molte altre accortezze per proteggere la specie hanno fatto sì che si tornasse a contare almeno una sessantina di esemplari nella Valle del Colca.
L’orario migliore per avvistarli pare sia tra le 09:00 e le 10:00 (noi effettivamente ne abbiamo visti davvero moltissimi nel tempo che abbiamo trascorso ai miradores), per questo le escursioni in giornata da Arequipa partono estremamente presto. Avendo più tempo a disposizione, credo però che dormire in zona e dedicarsi alla Cruz del Condor come prima cosa la mattina seguente al proprio arrivo rimanga la soluzione migliore.

Come visitare il Canyon del Colca

Il modo migliore per avventurarsi verso il Colca Canyon è ovviamente partendo da Arequipa; ci sono tour che partono anche da Puno ma, ovviamente, la partenza la mattina è prevista molto prima.
Tra le escursioni organizzate da tour operator locali ci sono quelle che possono essere svolte in giornata, con partenza all’alba e ritorno entro sera, oppure quelle su più giorni (dagli orari più distesi).
Noi per visitare questi luoghi abbiamo scelto un tour semi-guidato di due giorni che, anziché farci rientrare ad Arequipa a fine escursione, ci avrebbe convenientemente accompagnati direttamente alla nostra prossima meta: Puno, sul Lago Titicaca. Così facendo, abbiamo potuto attraversare questi paesaggi incredibili senza fretta, ascendendo gradualmente fino ai 4.900 metri del Mirador de Los Andes e acclimatandoci poi con calma ai 3.400 metri di media della zona del Canyon.
L’ho chiamato un tour semi-guidato perché, effettivamente, non è stato stracolmo di attività organizzate dalla mattina alla sera ma, proprio come piace a noi (e come il cambio di altitudine suggerisce), offriva un buon bilanciamento tra momenti informativi, parti guidate e tempo libero: una volta arrivati al nostro lodge nel primo pomeriggio, infatti, avevamo la possibilità di scegliere se stenderci semplicemente a riposarci o esplorare i dintorni in autonomia, magari rilassarci un po’ nelle terme naturali o andare a trovare gli alpaca nel vicino ranch.
Per chi ha già avuto modo di acclimatarsi all’altitudine o ha più giorni a disposizione per farlo, è possibile poi partecipare a trekking guidati per spingersi fino al fondo del canyon ed esplorare maggiormente diversi punti della gola, ma per noi la passeggiata sul bordo superiore dalla Cruz del Condor fino a un altro scorcio panoramico non molto distante è stata più che sufficiente per non affaticare eccessivamente l’organismo.

Dove dormire nella Valle del Colca

Ovviamente le possibilità per le attività pomeridiane variano in base a dove si pernotta, per cui a dire il vero non ci sono moltissime possibilità di alloggio tra i diversi paesi della Valle ed è quindi bene organizzarsi per tempo.
Chivay ad esempio, il capoluogo della valle, offre qualche soluzione senza troppi fronzoli abbastanza centrale nel paese, potendo quindi dedicarsi a una passeggiata tra le vie, nella piazzetta principale e nel pittoresco mercato coperto. Ci sono poi diversi lodge caratteristici in mezzo alla natura fuori dai centri abitati, ed è forse questa l’opzione che mi sentirei di suggerire per immergersi pienamente nell’atmosfera rilassante del posto.
Noi ad esempio abbiamo scelto il Colca Lodge, dove abbiamo trascorso un pomeriggio e una serata meravigliosi circondati dal verde dei terrazzamenti e dal rosa della cantuta (il fiore nazionale del Perù, un tempo sacro per gli Inca), da un silenzio rotto solo dallo scrosciare del vicino fiumiciattolo e, al calare del buio, coperti da un cielo stellato a dir poco incredibile!
Il costo della sistemazione qui è, in rapporto, leggermente superiore a quello degli altri alloggi che avevamo vagliato come alternative offerte all’interno del costo del tour, ma da quello che abbiamo potuto vedere lungo il tragitto è davvero uno dei lodge più belli della zona, la cucina è ottima e ne siamo rimasti totalmente soddisfatti!

La mattina successiva, dopo l’indimenticabile avvistamento dei condor delle Ande, il nostro viaggio è proseguito in direzione di Puno, attraversando altri paesaggi sempre più aridi e dalla scarsa vegetazione e salendo ulteriormente di altitudine: fino agli oltre 4.400 metri del lago Lagunillas prima, dove se si è fortunati è anche possibile scorgere dei fenicotteri (e dove, se si ha necessità di una sosta fisiologica per spezzare il lungo tragitto, è possibile trovare dei bagni “di fortuna” di cui usufruire lasciando un piccolo contributo), e scendendo poi piano piano verso gli oltre 3.800 del Lago Titicaca.
Come accennato, per quanto Lima e Arequipa possano averci offerto scorci pittoreschi e giornate piacevoli, è innegabile che sia stato in questa tappa che per la prima volta in questo viaggio abbiamo provato quella “scossa in più”: gli sbuffi di fumo dal cratere del Sabancaya, le signore che passeggiavano per le vie di Yanque e Chivay nei loro colorati abiti tradizionali con il fagotto legato dietro la schiena e il volo dei condor. Quest’ultima in particolare credo sia un’immagine che mi rimarrà sicuramente impressa a lungo nella memoria: godersi un incontro ravvicinato con questi maestosi rapaci delle Ande alla Cruz del Condor, vederli planare come aquiloni a quelli che sembravano pochi metri dalla nostra portata, tuffandosi e poi risalendo dal fondo di uno dei canyon più profondi al mondo, è una delle esperienze che prima di partire non avevo considerato avrebbero potuto affascinarmi così tanto, ma che mi ha decisamente lasciata senza fiato!

Vi aspetto nelle prossime settimane per proseguire il resoconto del nostro viaggio peruviano, intanto se anche voi siete stati al Canyon del Colca aspetto di leggere i vostri pareri su questo luogo spettacolare qui sotto nei commenti… o se state invece programmando il vostro itinerario in Perù fatemi sapere se avevate già pensato o meno di includere questa tappa.
Alla prossima!

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3 pensieri su “Viaggio in Perù #3 – Tra storia, tradizioni radicate e maestosi condor: verso la Valle del Colca

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