Dopo una breve permanenza a Helsinki, il nostro viaggio in Finlandia si è spostato verso la regione più a nord del Paese, che pur occupandone quasi un terzo della superficie totale ospita solo il 3% della popolazione nazionale: la Lapponia finlandese.
Inizio novembre, il periodo in cui siamo stati, è tecnicamente di bassa stagione, perfettamente a metà tra la chiusura di molte attività ed esperienze ancora legate alla stagione estiva e all’inizio dell’autunno ma con ancora non abbastanza neve e condizioni generali ottimali per aprire ufficialmente la stagione turistica invernale. Un “limbo” che è significato dover rinunciare a esperienze che ci incuriosivano come la visita alla miniera di ametista di Lampivaara, non lontano da Rovaniemi (chiusa dal 31 ottobre al 01 dicembre), e alla crociera sulla nave rompighiaccio Sampo a Kemi, che salpa ovviamente quando il Baltico settentrionale gela del tutto.
Tuttavia, il periodo è stato buono per godere di meno “ressa” e poterci quindi permettere di attendere l’ultimo minuto per prenotare le escursioni organizzate a cui partecipare basandoci sul meteo (a ridosso delle Feste natalizie così facendo si rischierebbe di trovare le migliori sold out), oltre a poter ammirare un paesaggio già imbiancato ma senza il freddo estremo dell’inverno pieno (nella prima metà di novembre le temperature medie intorno a Rovaniemi si aggirano tra i 5° e i -10°).
Questa parte del viaggio ci ha permesso di approfondire la conoscenza di un popolo antico e affascinante, quello dei Sami, di cui avevamo già fatto in parte la conoscenza qualche anno prima nel tratto del nostro viaggio di nozze in direzione Capo Nord. Abbiamo guidato su strade gelate spesso attraversate da renne selvatiche, abbiamo potuto ammirare da vicino la fauna artica e poi gettarci nel caldo quasi soffocante di una caratteristica sauna. Abbiamo conosciuto Babbo Natale in persona, attraversato a piedi il Circolo Polare Artico e assaggiato piatti tipici e gustosissimi. Abbiamo dormito una notte sotto i fiocchi di neve che scendevano copiosi dal cielo, passato un’altra sera sotto una coltre così fitta di stelle da non sembrare neanche reale e infine ammirato Lei, la regina delle notti artiche: l’Aurora Boreale.
Ecco un primo recap di cosa sapere assolutamente sulla Lapponia finlandese prima di partire verso questa terra che vi regalerà moltissime emozioni, dove la popolazione ha saputo bilanciare i mesi freddi e bui dell’inverno con atmosfere calde ed accoglienti e dove la natura stessa sembra voler compensare l’asprezza del territorio conferendogli un’atmosfera magica quasi sovrannaturale.

Sapori tipici della Lapponia
Personalmente ho mangiato benissimo in Lapponia (così come in Finlandia in generale). La cucina tradizionale in questa regione del nord è ovviamente perlopiù basata sui prodotti tipici e facilmente reperibili tra i boschi che coprono la grande maggioranza del territorio, i mari e laghi che lo bagnano e gli allevamenti possibili in queste rigide temperature.
La renna è, storicamente, uno dei principali mezzi di sostentamento a queste latitudini, per cui il latte viene tuttora sfruttato per la produzione di formaggi e la carne viene cotta in diversi modi (arrosto, stufata ecc.) per la preparazione di alcuni piatti tipici lapponi. Il sapore non mi ha personalmente fatta impazzire (o forse stavo inconsciamente rifiutando l’idea), ma se si vuole provare qualcosa di assolutamente tipico è possibile trovare un piatto unico di renna saltata con purè di patate, sottaceti e lingonberry (mirtilli rossi) in praticamente qualunque ristorante locale.
La caccia è strettamente regolamentata per preservare l’equilibrio naturale, ma la selvaggina (dagli uccelli alle anatre, fino a orsi e alci) è comunque parte integrante della cucina locale.
Tra i piatti di pesce più comuni, oltre al salmone, consigliatissimi il lucioperca (ne ho gustato un piatto delizioso la nostra prima sera a Rovaniemi), il salmerino artico e altre varietà di pesce bianco.
Tra i tipi di pane, oltre al pane bianco, è piuttosto diffuso quello di segale, mentre molto caratteristico è il rieska (una sorta di focaccia piatta, tipo pita, a base di orzo).
Come detto, bacche e frutti di bosco sono molto diffusi, mangiati da soli o serviti come salse o composte accanto a piatti principali o formaggi. Oltre ai classici mirtilli, consigliatissimo provare il lakka (cloudberry in inglese, anche noto come rovo artico): dall’aspetto di una mora dal colore giallo dorato e dal gusto dolce e acidulo simile a un lampone, si tratta di una bacca che cresce soltanto nelle zone più settentrionali della Scandinavia, la cui raccolta comporta tempi più dilatati rispetto ad altri frutti di bosco e per questo motivo i costi di vendita sono generalmente più alti. Il rovo artico è alla base di molte preparazioni come marmellate ma anche sorbetti, caramelle e succo… quest’ultimo usato anche in combinazione con vino frizzante per creare una sorta di rivisitazione in chiave lappone del nostro Bellini. L’ho assaggiato come aperitivo la nostra ultima sera e… delizioso!
Per finire, tra i dessert tipici assolutamente da provare è il leipäjuusto che, a dispetto del nome inglese (bread cheese), non presenta affatto pane: viene chiamato così perché si tratta di un formaggio di latte di renna a pasta morbida, fritto e accompagnato da lakka (freschi o sottoforma di composta) che, nella preparazione, ottiene una superficie “bruciacchiata” che assomiglia un po’ alla crosta del pane. Tra i vari dolcetti tipici, molti di cui a base di cannella, i più riconoscibili sono forse i kampanisu, una delle poche opzioni non salate che avevamo la mattina a colazione: sono dei biscottini a forma di pettine, che è poi letteralmente la traduzione del loro nome (“scone a forma di pettine”).

La sauna finlandese: da provare almeno una volta in Lapponia
Non moltissimi sanno che il termine sauna è una delle poche parole di lingua finlandese a essere entrate nell’uso comune a livello globale. Questo perché questa pratica ormai piuttosto comune nelle spa di mezzo mondo è nata proprio in questo Paese, dove è un’esperienza radicata ormai da secoli.
Ai tempi in cui i primi viaggiatori dall’Europa meridionale misero piede in Finlandia, l’idea di una cabina in legno (allora allestita quasi esclusivamente nei boschi, come se ne trovano ancora in uso ma in numero esiguo e solo per chi vuole davvero provare l’esperienza autentica e tradizionale, senza edulcorazioni) al cui interno dominava un vapore bollente mentre all’esterno si gelava deve essere sembrata una trovata piuttosto singolare… non pensiamo poi al fatto che i finlandesi si dedicavano (e si dedicano tuttora) a questa pratica completamente nudi! Così come nelle terme dell’Antica Roma, per i finlandesi le saune erano luoghi di incontro e spesso anche di contrattazione/discussioni d’affari: mostrarsi “come mamma li ha fatti” senza remore era un’ulteriore assicurazione che il proprio interlocutore non aveva nulla da nascondere e la cosa infondeva perciò maggiore fiducia reciproca.
In passato le saune erano poi, a ragione, considerati tra i luoghi più sani: le altissime temperature interne, infatti, consentivano una sorta di sterilizzazione dell’ambiente, tanto che le donne in travaglio venivano portate proprio all’interno di queste cabine per partorire e, in un periodo in cui la mortalità infantile in Europa era ancora ad altissimi livelli per via di infezioni post-parto e altre circostanze dovute alle condizioni igieniche non ottimali, la Finlandia poteva invece vantare una percentuale considerevole di bambini nati senza incorrere in tali rischi.
All’interno di una sauna, che sia tradizionale o moderna, si trova un ambiente interamente costruito in legno, con panche tutto intorno a un braciere contenente delle pietre che vengono fatte arroventare accendendogli un fuoco sotto (le saune moderne riproducono quell’effetto con meccanismi elettrici, potendo poi regolare la temperatura esatta con un termostato). Tradizionalmente le pietre in una sauna dovevano raggiungere circa 90° (noi l’abbiamo provata limitandoci ai 75° suggeriti automaticamente dal nostro termostato!); dopodiché entrando si va a versare un po’ d’acqua sopra al braciere, prendendola da un secchio con un mestolo, così da vaporizzarla all’istante e creare dell’umidità nella stanza dal calore altrimenti estremamente secco.
L’ambiente così creato è a livelli piuttosto estremi, ma di norma non è necessario rimanere molto (si raccomanda in media sui cinque minuti, ma bisognerebbe valutare individualmente il proprio grado di sopportazione senza spingersi troppo oltre): il calore e l’umidità fanno sudare molto in poco tempo, provocando anche una certa vasodilatazione. La sauna è infatti un ottimo metodo per liberarsi dalle tossine, sebbene gli step successivi da seguire secondo la tradizione più radicata non siano a portata di tutti: un tempo (tuttora praticabile nel caso di cabine dislocate nel mezzo della natura) ai pochi minuti nel caldo asfissiante veniva alternato un rapido tuffo in acqua ghiacciata o, semplicemente, nella neve del bosco. Il freddo improvviso crea uno shock termico sulla pelle, richiudendo immediatamente i pori ma, allo stesso tempo, provocando anche un rapido restringimento dei vasi sanguigni. Per questo la pratica è caldamente (scusate il gioco di parole) sconsigliata a chi ha predisposizione a trombosi o altri problemi cardiocircolatori analoghi. Nelle saune moderne, all’interno di centri benessere o hotel, quest’ultimo passaggio viene sostituito con una doccia fredda. L’iter, secondo la tradizione, andrebbe poi ripetuto altre due volte… ai più coraggiosi va il premio finale di un ritrovato vigore corporeo!


Volete provare un’autentica sauna finlandese ma vi sentite impacciati all’idea di recarvi in una di quelle pubbliche dove condividere lo spazio (e la vostra intimità) con altri sconosciuti? Nessun problema: molte delle strutture alberghiere presentano saune che aprono su prenotazione a un solo ospite/una coppia di ospiti alla volta (un esempio è l’Aurora Village di Ivalo, dove abbiamo dormito la nostra prima notte in Lapponia, che offre ben due alternative… di cui una è una piccola sauna ricavata all’interno di una botte a due passi dal lago ghiacciato!), mentre altri hotel (come il Lapland Hotel Sky Ounasvaara, dove abbiamo alloggiato a Rovaniemi) offrono addirittura la possibilità di una piccola sauna privata in camera.
I Sami, popolazione autoctona della Lapponia
I Sami sono spesso erroneamente chiamati lapponi, che non è ovviamente la definizione corretta: lappone è più in generale un abitante della regione Lapponia, ovvero il territorio che si estende a cavallo tra Norvegia, Svezia e Finlandia settentrionali, nonché la parte della Russia al confine con la penisola scandinava; i Sami sono invece, più specificamente, una popolazione indigena che pare abbia vissuto nell’attuale Scandinavia per oltre 3.000 anni, pur venendo di rado in contatto con la popolazione dominante dei regni di Norvegia e Svezia fino a secoli relativamente recenti. Questa popolazione viveva infatti prevalentemente nelle zone più a nord e più interne, inizialmente non di interesse per le popolazioni scandinave che, giunte dai territori germanici, avevano iniziato a colonizzare perlopiù le coste e le regioni meridionali, dipendendo fortemente dai commerci marittimi per la propria economia.
I Sami hanno invece vissuto a lungo come popolo semi-nomade perfettamente autonomo, abitando le pianure d’inverno e spostandosi verso i pascoli in altura nei mesi estivi. Tra i principali mezzi di sostentamento delle popolazioni Sami, oltre a caccia e pesca, c’era l’allevamento di renne, da cui ricavavano sia cibo che indumenti con cui proteggersi dal rigido freddo.
Il fascino di questo popolo viene sicuramente dai loro colorati costumi tradizionali e da un ricco folklore: analogamente ai Nativi Americani, questa popolazione ha una forte connessione con la natura e divinità che rappresentano la Madre Terra; la società Sami si basava inoltre tradizionalmente sullo sciamanesimo, e quindi la possibilità di creare anche connessioni ultraterrene tramite questa figura centrale all’interno di una tribù.
Dopo un iniziale processo di “scandinavizzazione” tentato dai regni di Norvegia e Svezia nei secoli scorsi, i Sami hanno guadagnato in tempi recenti un certo riconoscimento sociale, al punto da avere anche un proprio parlamento indipendente all’interno delle nazioni che li ospitano (in Finlandia situato a Inari) da cui promuovere politiche volte alla preservazione della propria cultura e della propria lingua (che infatti appare come seconda lingua nelle indicazioni e nei cartelli stradali lapponi).
La lingua Sami (di cui in Finlandia si trovano ben tre varianti: il Sami settentrionale, quello di Inari e il Sami skolt) appartiene al gruppo ungro-finnico, della famiglia di idiomi uralici, tuttavia alcune caratteristiche genomiche di questa popolazione hanno suggerito un’origine che trascende i confini dell’Europa settentrionale e orientale, postulando una mescolanza in tempi antichi tra individui autoctoni scandinavi con popolazioni provenienti dall’Asia centro-settentrionale.

Diritto di accesso: una delle leggi più note nei Paesi scandinavi
Lontano dall’essere un “liberi tutti”, quella comunemente nota come “Everyman’s Right” o Diritto di Pubblico Accesso (in finlandese Jokamiehen oikeudet) è in realtà una legge con limitazioni ben definite.
Si tratta della possibilità per chiunque, sia locali che visitatori, di avventurarsi in boschi e campagne sull’intero territorio finlandese (ma una simile legge esiste anche in Svezia e in Norvegia) anche per ragioni come la pesca, la raccolta di bacche o funghi e le escursioni a piedi, in bici, in slitta o a cavallo. Molto spesso, infatti, in escursioni di questo tipo si finisce per attraversare anche proprietà private, ma il diritto al pubblico accesso garantisce questa possibilità anche senza richiedere uno specifico permesso prima, a patto ovviamente che si seguano comunque delle linee guida di basilare convivenza civile: non avvicinarsi troppo alle abitazioni all’interno di terreni privati, non accedere con mezzi motorizzati e, se si vanno a raccogliere bacche e funghi, si richiede che ci si limiti a quanto strettamente necessario per se stessi.
È poi naturalmente vietato disturbare in alcun modo la fauna locale: l’equilibrio naturale, soprattutto nelle zone artiche, è piuttosto fragile ed è quindi importante preservarlo, cercando di non lasciare traccia del proprio passaggio.
A questo diritto fondamentale il governo contribuisce anche istituendo dei luoghi designati sulle sponde di laghi pescosi per l’accensione di fuochi di cottura o, semplicemente, per riscaldarsi mentre si è fuori per queste attività: non è infatti difficile trovare delle tende o piccoli ripari in legno con di fronte un braciere. Verrebbe da pensare a costruzioni private, da cui quindi tenersi distanti, ma si tratta invece, per l’appunto, di angoli creati appositamente dalle istituzioni per evitare falò potenzialmente incontrollati e che, proprio in virtù della propria funzione, sono liberamente a disposizione di tutti.
Generalmente accanto ai piccoli bracieri si trova anche già un po’ di legna, così da non doverla caricare in spalla se ci si muove da soli o in piccoli gruppi, ma il senso civico suggerisce invece a chi si muove in grandi comitive di portarsi della legna da casa (ciò che accade nel caso di tour organizzati come ad esempio quelli per avvistare l’aurora boreale, che anche in questo caso fanno uso di questi luoghi pubblici per accendere un fuoco dove tenere al caldo gli ospiti e preparar loro qualcosa da mangiare mentre si attende con il naso all’insù).

L’Aurora Boreale: dove e come vederla
Veniamo quindi al motivo per cui la maggior parte dei visitatori si spostano in queste zone nel periodo invernale: la speranza di avvistare le elusive “luci del nord”, ovvero l’Aurora Boreale.
Come la scienza ha potuto dimostrare, questo fenomeno che affascina da secoli chi si avventura verso il Profondo Nord è il risultato di un processo fisico dipendente dall’attività solare: le esplosioni sulla superficie del Sole, infatti, producono migliaia di particelle cariche che vengono proiettate attraverso lo spazio (il cosiddetto vento solare) fino a scontrarsi con la nostra atmosfera.
Il motivo per cui il fenomeno risulta visibile quasi esclusivamente a ridosso dei due poli (prendendo il nome di Aurora Boreale o Australe a seconda dell’emisfero in cui si verifica) è legato al campo magnetico della Terra. Questa connessione fu dimostrata quando si iniziò a notare che gli aghi delle bussole subivano una particolare eccitazione in concomitanza con l’apparizione di un’aurora. Si osservò quindi che la magnetosfera, che avvolge il nostro pianeta, funge in parte da schermo a questo bombardamento di particelle, facendole “scivolare” in direzione dei poli magnetici, dove il campo ha potenza minore e queste riescono quindi a penetrare fino al livello della ionosfera. Qui le particelle solari cariche interagiscono con quelle che compongono l’atmosfera, ponendole in uno stato di agitazione: il risultato sono le “luci del nord” (che assumono sfumature diverse a seconda del tipo di atomi e molecole con cui interagiscono, ad esempio verde e rosso per l’ossigeno e bluastro per l’azoto, e a seconda dell’altitudine a cui si verifica l’interazione).
Conoscere l’origine scientifica di questo fenomeno può certo aiutare a prevedere, in minima parte, la sua occorrenza: se gli astronomi osservano delle intense macchie scure sulla superficie del Sole, ovvero aree più fredde, significa che si sta sviluppando una tempesta solare e si può quindi prevedere un’intensità maggiore anche per le aurore. Inoltre, la frequenza di macchie solari segue cicli di circa 10-11 anni, periodi che permettono quindi di valutare eventuali picchi di attività della nostra stella.
Tuttavia, molti altri fattori entrano in gioco quando si parla dell’apparizione di queste luci sinuose che illuminano i cieli nel Nord, tant’è vero che si sente di persone che trascorrono settimane in luoghi noti per il loro avvistamento senza riuscire ad ammirarle. Sicuramente un cielo perfettamente terso e il più possibile lontano da inquinamento luminoso è uno dei primi fattori da considerare, scegliendo i periodi dell’anno in cui si cominciano ad avere più ore di buio (da settembre fino all’arrivo della primavera). L’ideale è poi spingersi verso punti di osservazione lontani dalla fitta vegetazione (la riva di un lago piuttosto ampio è ottimale in questo senso): molto spesso, se l’attività non è sufficiente all’apparizione di un’aurora nitida sopra le nostre teste, questa potrebbe però osservarsi a ridosso dell’orizzonte (se si consultano app anche di utilizzo piuttosto intuitivo come alcune di quelle che abbiamo scaricato noi, si noterà infatti che spesso la possibilità di osservazione ha percentuali diverse tra “overhead” e “horizon”, con quest’ultima che offre quasi sempre un paio di punti percentuali in più).

Per massimizzare le possibilità di avvistamento si dovrebbe perciò, idealmente:
- attendere di trovarsi a ridosso della data di un’attività solare particolarmente intensa;
- assicurarsi che il meteo sia favorevole nella regione in cui si vorrebbe andare per l’osservazione;
- individuare poi, con strumenti di registrazione che raccolgono dati usati poi anche da app come quelle già menzionate (io e Lorenzo abbiamo consultato My Aurora Forecast e Aurora Alerts – Northern Lights Forecast), il punto migliore – generalmente uno in cui l’indice KP risulti almeno a 3, che significa che le possibilità di avvistamento sono ottimali.
Ovviamente parliamo però di condizioni quasi utopiche, perché generalmente un viaggio in queste regioni difficilmente si organizza last minute in attesa di una concomitanza di tutti questi fattori. Quindi quello che si può fare è partire evitando i mesi presumibilmente più predisposti alle precipitazioni, concentrandosi magari sul periodo tra la metà di settembre e fine ottobre (con anche temperature leggermente meno rigide) per avventurarsi nelle zone all’interno del cosiddetto “ovale aurorale” (il raggio entro cui avviene l’interazione tra le particelle solari e quelle dell’atmosfera terrestre) e… sperare per il meglio!
Tour organizzati: sì o no?
Nella nostra esperienza fare un primo tentativo con un tour guidato a caccia dell’aurora boreale è stato un buon modo di essere introdotti alla pratica da persone che hanno senz’altro più familiarità di un visitatore che arriva in queste terre per la prima volta, che sanno bene come muoversi, dove fermarsi e come leggere i dati sui programmi che utilizzano per monitorare la situazione.
Inoltre le guide sono spesso anche piuttosto ferrate con le macchine fotografiche, quindi se non si ha dimestichezza con i settaggi del proprio apparecchio si può chiedere aiuto o, direttamente, chiedere a loro di scattare la foto ricordo perfetta con il loro in caso avrete la fortuna di avvistare l’aurora proprio durante la vostra uscita guidata.
Rispetto alla media dei costi delle altre escursioni a cui potrete accedere in Lapponia, in particolare nella capitale Rovaniemi, quella per la caccia all’Aurora Boreale è tra le meno care: in media un’uscita in gruppo con minivan costa intorno ai 70€ a persona per circa tre ore totali di attività. Il risultato ovviamente non è garantito al 100%, trattandosi di un evento naturale solo in parte prevedibile, ma la maggior parte delle compagnie che offrono questo servizio permettono, in caso di brutto tempo, di rischedulare gratuitamente il tour a un altro giorno fino a poche ore prima della partenza. Prima della partenza vengono inoltre fornite attrezzature adatte a passare circa un paio d’ore all’aperto a temperature piuttosto rigide, da mettere eventualmente sopra alle proprie (a inizio novembre io e Lorenzo ci siamo trovati bene con le nostre tute da sci normali, con pile sopra a una maglia a maniche lunghe e calzamaglia in lana con calzettoni pesanti sotto, ma le temperature calano drasticamente nelle settimane successive e a quel punto il tipo di abbigliamento che potremmo usare regolarmente in montagna qui in Italia è assolutamente non adatto a proteggere dal freddo notturno dell’Artico).
Dal mio punto di vista, anche se la serata si è conclusa con un nulla di fatto (l’aurora è apparsa debolmente all’orizzonte e non visibile a occhio nudo, ma solo tramite lo schermo della telecamera professionale della guida che ne amplificava l’intensità luminosa), è stata comunque un’esperienza piacevole perché accompagnata da un barbecue all’aperto e da aneddoti e curiosità sulla Finlandia raccontateci dalle nostre guide. Abbiamo inoltre avuto modo di godere di una compagnia internazionale, che mi ha dato una splendida sensazione: gente da ogni dove, tutti uniti dal desiderio di ammirare questa magia del cielo che si manifesta quasi solo a queste remote latitudini.
Nel nostro caso, l’utilità di un tour guidato è stata poi anche quella di darci i giusti input per proseguire l’avventura anche la sera successiva in solitaria (per quello parlavo di “introduzione”): se si ha a disposizione un’auto a noleggio è infatti possibile ovviamente ripercorrere i migliori punti di osservazione tracciati in precedenza con le guide anche da soli, con una consapevolezza che credo non si avrebbe partendo direttamente in autonomia (anche avendo cercato di documentarsi a fondo prima). Così facendo, infatti, abbiamo avuto la possibilità di compensare la semi-delusione della sera prima grazie allo spettacolo dell’aurora che ha danzato nitidamente per quasi un quarto d’ora sopra le nostre teste la notte successiva.


Storie e leggende sulle “luci del nord”
Non è difficile immaginare come un fenomeno stupefacente come l’Aurora Boreale possa aver acceso l’immaginazione dei popoli antichi che per primi vi hanno assistito, come alcuni ne siano rimasti ammaliati e abbiano voluto leggere buoni auspici e magia nella sua apparizione e come altri ne siano invece rimasti intimoriti.
In parte dei Paesi scandinavi, come in Svezia, pescatori e contadini leggevano nelle luci che illuminavano le notti polari presagi di ottimo pescato e ricco raccolto nella stagione a venire; nella mitologia norrena, invece, l’Aurora viene associata con il Bifrost, il “ponte arcobaleno” che i valorosi guerrieri caduti in battaglia avrebbero attraversato per raggiungere il Valhalla.
La connessione tra l’apparizione di un’aurora e l’ultraterreno è poi rimasta nelle credenze popolari di queste popolazioni nordiche… e non stupisce affatto! C’è un che di mistico nel modo in cui questi raggi di luce e questi archi sinuosi che solcano il cielo colpiscono chi le ammira, lasciando un senso di stupore reverenziale che non saprei descrivere. Tra le popolazioni del Nord esisteva in passato la credenza che nelle aurore si manifestassero le anime dipartite e che le loro apparizioni fossero perciò connesse con il mondo dell’aldilà, mentre i Sami credono addirittura che le luci verdi rappresentino esseri senzienti in grado di parlare e comprendere e che, per questo, bisognerebbe rimanere in silenzio all’apparire di un’aurora, altrimenti si rischia di essere portati via da queste.
Prima dell’avvento della scienza moderna, poi, oltre alla lettura degli auspici portati da tale apparizione si è provato anche a dare una spiegazione alle sue origini, creando miti e leggende a volte decisamente fantasiosi.
Tra le mie preferite c’è proprio quella finlandese, che associa la comparsa dell’Aurora Boreale a una “volpe di fuoco” (che è poi la traduzione letterale di revontulet, il termine finlandese per “aurora”) che correndo sulla neve ne colpisce la superficie con la coda facendo schizzare scintille luminose verso il cielo. I Sami finlandesi credevano invece che si formasse dalla spuma d’acqua proiettata in aria dalle balene.
Un’altra leggenda che non conoscevo ma che ho scoperto visitando l’Arktikum a Rovaniemi e mi ha incuriosito è poi quella di alcune popolazioni Inuit del Nord America, che identificavano nell’aurora gli spiriti di umani venuti a mancare che… giocavano a palla con il teschio di un tricheco! Ancora più curiosamente, nell’isoletta di Nunivak nel Mare di Bering, la credenza era invece che sono gli spiriti di trichechi a giocare a palla con un teschio umano (lost in translation?).
In tempi passati pare che sia capitato che l’aurora si mostrasse anche a latitudini decisamente inferiori, come ad esempio in Cina, dove tale fenomeno è stato registrato da antichi documenti e la leggenda che ne è scaturita parla di draghi celesti che serpeggiano nel cielo sputando fuoco luminoso: un’immagine a dir poco meravigliosa!

Nelle prossime settimane vi porterò a scoprire, più nel dettaglio, le varie tappe del nostro breve ma intenso on the road di 5 giorni nella Lapponia finlandese.
Intanto aspetto di leggere le vostre opinioni: siete mai stati in queste terre o programmate di andarci? Conoscevate i Sami e la loro particolare cultura? Avete mai provato un’autentica sauna finlandese? Sognate anche voi di ammirare dal vivo lo spettacolo dell’Aurora Boreale? Se avete già avuto modo di vivere questa indimenticabile esperienza, attendo di leggere le vostre sensazioni a riguardo.
Alla prossima!
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