Atterriamo all’aeroporto McCarran di Las Vegas intorno alle nove di sera, dopo circa un’ora e mezza di volo da San Francisco, e capiamo subito di essere nel posto giusto quando, in attesa dei bagagli, notiamo diverse slot machine poco distanti dai nastri trasportatori: giusto in caso qualcuno volesse iniziare a dedicarsi al gioco non più di 30 secondi dopo aver messo piede a terra!
Ci dirigiamo verso la zona dei taxi sapendo che il nostro albergo, il Luxor Hotel, si trova nella parte più meridionale della celebre Strip di Las Vegas, quindi non eccessivamente distante dall’aeroporto… informazione cruciale visto che ci era stato detto (e abbiamo avuto modo di verificarlo personalmente già la sera successiva) che dopo una certa ora la South Las Vegas Boulevard si congestiona per il traffico. Il nostro tassista però prende una strada che gira intorno alla zona dei tre hotel Mandalay Bay, Luxor ed Excalibur e ci lascia all’ingresso senza mai imbottigliarci in nessuna coda, al tutto sommato modico prezzo di circa 27$ inclusa mancia.
Il Luxor è uno spettacolo, non avremmo potuto chiedere di meglio per immergerci nell’atmosfera della città degli eccessi in un solo colpo. Al check-in (che richiede una ventina di minuti circa!) ci viene proposto un upgrade e veniamo sistemati in una delle stanze della torre allo stesso prezzo di quella in piramide che avevamo originariamente prenotato… e col senno di poi non è male visto che ho sentito dire che le stanze nella piramide mostrano più di qualche segno dell’età. La nostra camera invece era ampia, visibilmente nuova e comodissima. È solo la fame che ci spinge a cercare il food court dell’albergo prima ancora di guardarci un po’ intorno incuriositi.
Staremo comunque in città una sola giornata piena prima di prendere la nostra auto in affitto e partire alla volta dei Parchi, quindi l’indomani parte l’esplorazione della Strip e di tutte le sue particolarità. Ci sono diverse attrazioni che definirei imperdibili se si è nella cosiddetta “Sin City” anche solo di passaggio, tra cui la maggior parte tranquillamente apprezzabili senza alcun costo. Poi ovviamente chi visita Las Vegas come più di una tappa di passaggio, come lo è stata invece per noi, punta ovviamente a qualcosa in più, magari dedicare qualche oretta al gioco o cercare uno spettacolo a cui partecipare. Le opzioni, in questo ultimo caso, sono moltissime, è stato sufficiente prendere diversi volantini in hotel per farci un’idea di cosa offrisse non solo il nostro albergo, ma anche gli altri nell’arco della settimana. Il tempo ridotto, come detto, ci ha tarpato un po’ le ali dal punto di vista dell’intrattenimento vero e proprio, altrimenti spettacoli (seppure un po’ costosi) come il Cirque du Soleil o la cena con spettacolo cavalleresco all’Excalibur (solo per nominarne un paio) sarebbero state idee carine. In sostanza, se dovessi dare un parere personale su come vivere al meglio una sola giornata a Las Vegas, direi di non farsi mancare almeno un giro tra alcuni dei più famosi hotel, visto che indipendentemente da quello in cui risiedete una visita agli altri non ve la nega nessuno e alcuni di questi sono davvero da lasciare senza fiato per l’inventiva e la fastosità nelle strutture. Vi racconto la nostra giornata (tra l’altro era il Memorial Day), anche per darvi un’opinione su cosa personalmente direi che si può lasciare da parte e cosa invece col senno di poi ci sarebbe piaciuto includere, se non avessimo preso il tutto così alla leggera.
Al risveglio la mattina dopo siamo felicissimi di correre alla base della piramide per tuffarci in una caffetteria che avevamo puntato già la sera prima, dove ci accomodiamo per strafogarci di waffle alla frutta, pancake, colazioni “rinforzate” all’americana e chi più ne ha più ne metta… per “soli” 44$ in due (giusto per dire, per pranzare abbiamo speso circa un terzo del costo della colazione perché ci siamo accomodati a un fast-food lungo la strada ma, ehi, bisogna coccolarsi ogni tanto!). Occhiali da sole e, soprattutto, scarpe comode a portata di mano (nel mio caso anche una buona dose di crema solare, visto che si tratta della nostra prima tappa in una zona quasi desertica e la mia pelle è allergica anche solo all’idea di un’abbronzatura), ci avventuriamo alla scoperta degli altri hotel/resort, i più particolari proprio quelli a tema come il nostro Luxor: tramite un collegamento interno raggiungiamo comodamente l’Excalibur, a tema cavalleresco/medioevale, albergo che era stato in lizza per il nostro soggiorno per via anch’esso di un prezzo abbordabile… consigliato senz’altro a famiglie, atmosfera molto giocosa di certo apprezzabile dai più piccoli.
Ci spostiamo poi verso il New York-New York, con la sua ricostruzione dei grattacieli simbolo della Grande Mela, una riproduzione della Statua della Libertà e una parte del ponte di Brooklyn a dominare il marciapiede. Da non perdere il rollercoaster che attraversa la struttura, dall’aria avvincente ma decisamente non per noi subito dopo quell’abbondante colazione!
Poco più avanti sulla destra si trovano una miriade di diner, fast-food e negozi tra cui quello delle M&M’s e della Coca-cola, nonché lo storico Harley Davidson Cafè (che ha chiuso i battenti proprio a ottobre dello stesso anno) e l’immancabile Hard Rock.
Superati il Mandarin Oriental e l’Aria, arriviamo in vista di alcuni degli altri famosi alberghi a tema della Strip, ovvero il Paris sul lato destro della strada e, direttamente di fronte a noi, il Bellagio e il Caesars Palace ai due lati dell’incrocio tra la Strip e Flamingo Rd. Dopo un’occhiata al Paris e qualche foto esterna al Caesars Palace, decidiamo per ora di dedicarci perlopiù al Bellagio e di tornare in zona la sera, per vedere tutto illuminato. Il Bellagio è sicuramente a un altro livello, lo si vede già dalla cura dei dettagli appena si entra: manca lo spirito a volte tendente al pacchiano che si può avvertire in altre strutture della Strip: qui è l’eleganza a regnare sovrana, una scelta sicuramente più “seriosa” se vogliamo. Ad ogni modo, che si voglia soggiornare qui o meno, uno spettacolo offerto dall’hotel e aperto a chiunque sono le meravigliose coreografie della fontana antistante (un enorme bacino d’acqua ovviamente ribattezzato The Lake), dove è possibile assistere a uno spettacolo sempre diverso ogni mezz’ora dalle 15:00 alle 20:00 (ogni quarto d’ora dalle 20:00 a mezzanotte, se capitate a Las Vegas nei weekend o in giorni festivi ce ne sono anche a partire dalle 11:00-12:00 della mattina). Ogni coreografia è davvero unica ed emozionante a suo modo, noi siamo capitati giusto in tempo il primo pomeriggio per assistere a uno spettacolo sulle meravigliose note di Con te partirò di Andrea Bocelli dalla terrazza di fronte all’ingresso, mentre la sera quando ci siamo fermati a osservare e fotografare le luci e gli spruzzi della fontana dal marciapiede, con la facciata dell’hotel stesso sullo sfondo, ad accoglierci è stata God Bless the U.S.A. di Lee Greenwood. Diciamo quindi che nell’arco di una giornata non è difficile trovarsi, anche per caso, ad assistere a uno di questi show, mentre per altre attrattive di altri hotel (vedi il Mirage ad esempio) il discorso è diverso e si deve pianificare con più attenzione.
Ci ritiriamo a questo punto in albergo… anche perché, con le dovute soste nel mezzo, il percorso dal Luxor al Bellagio è di quasi 2,5 km! Ecco perché insistevo sulle scarpe comode se si vuole fare “hotel crawling” sulla South Las Vegas Blvd.
Ripartiamo nel tardo pomeriggio, stavolta diretti al MGM Grand (di fronte al New York-New York), sul retro di cui si trova una delle fermate della monorotaia di Las Vegas, di cui decidiamo di approfittare per raggiungere brevemente e senza fatica l’altro capo della Strip e proseguire poi da lì a piedi di nuovo in direzione sud. Al costo di 5$ l’uno, i biglietti per corsa singola sulla monorotaia convengono davvero se si intende allontanarsi un bel po’, non solo per una o due fermate (in quel caso opterei per un taxi, nonostante il potenziale traffico, visto che la monorotaia comunque passa dietro ad alcuni dei più famosi alberghi della Strip e non concede quindi grandi viste a livello panoramico). È quello che avevamo intenzione di fare noi: dirigerci all’ultima fermata, verso le strutture più a nord che non avevamo avuto modo di apprezzare la mattina/il primo pomeriggio, e da lì partire dando un’occhiata ad altri famosi resort come lo Stratosphere (layout simile allo Space Needle di Seattle, con in cima un ristorante a 360° e altre attrazioni come la Stratosphere Tower e ovviamente, anche qui, una piscina) e il Circus Circus, anche questo come l’Excalibur a prima vista più adatto a famiglie in cerca di un’atmosfera più leggera e giocosa. Ecco, diciamo che tolti questi due esempi e pochissimo altro la gita in monorotaia non ci ha portato grandi emozioni: ricordo una lunga, estenuante camminata con quasi zero luci per circa un’ora prima di tornare al fasto intorno all’Encore. Se dovessi tornare indietro forse scenderei alla fermata Harrah’s & The LINQ, la più vicina al complesso del Trasure Island da un lato e del Palazzo e Venetian dall’altro. È qui che ci siamo finalmente fermati per cenare (era intorno alle dieci
quando ci siamo finalmente messi a tavola!). Abbiamo deciso di mangiare al Palazzo dopo esserci fatti anche una bella passeggiata interna, tra meravigliosi soffitti affrescati e addirittura l’incredibile vista di una parte di Venezia, con tanto di finta Piazza San Marco e un vero e proprio canale solcato da piccole gondole. E tutto questo neanche a piano terra ma AL SECONDO PIANO! Siamo rimasti a bocca aperta.
All’esterno non si può non ammirare la fedeltà con cui sono stati riprodotti anche altri famosi monumenti veneziani, tra cui il Ponte di Rialto e il Palazzo del Doge.
Proseguiamo verso il Mirage, dove volevo davvero assistere all’eruzione del famoso vulcano esterno… solo per poi scoprire che, al contrario delle Fontane del Bellagio, qui gli orari sono meno elastici: due soli spettacoli a sera, alle 20:00 e alle 21:00 (tranne venerdì e sabato in cui c’è un’ulteriore eruzione alle 22:00).
Arriviamo nuovamente in vista del Ceasars Palace, che questa volta abbiamo modo di visitare più attentamente, sorridendo all’agglomerato (o accozzaglia?) di costruzioni e monumenti che richiamano anche solo lontanamente l’idea di Roma non solo antica, ma anche rinascimentale e neo-classica, con accostamenti tra Colosseo, Fontana di Trevi e, per qualche motivo, la Nike di Samotracia… come non adorarlo!
Siamo giusto in tempo per un’altra breve sosta al Bellagio per un nuovo spettacolo delle Fontane prima di arrenderci all’evidenza: l’intera Strip a piedi è un suicidio! Senza contare che abbiamo già percorso ben due volte questo stesso tratto in giornata, quindi prendiamo un taxi che ci riporta in albergo a 8$ + mancia (i semafori a ogni incrocio contribuiscono effettivamente a creare quella lunga colonna di auto che ci spaventava tanto, ma tutto sommato a fine giornata posso confermare che, a parità di distanza, il taxi è forse l’opzione migliore, anche se non lo sostituirei totalmente alla passeggiata a piedi… magari camminare in una direzione e rientrare in taxi nell’altra è l’ideale).
La mattina dopo il primo pensiero è il check-out, agevolato dal metodo “self-service” (buona idea considerato il numero di ospiti che altrimenti congestionerebbero l’atrio in entrata e in uscita a qualsiasi ora del giorno e della notte), seguito da una colazione stavolta più rapida da Starbucks. Andiamo poi al punto taxi fuori dall’hotel per dirigerci verso il car rental di Gilespie st. (stavolta circa 17$ mancia compresa). Avevamo prenotato il nostro noleggio per le 9:00, in modo da metterci in marcia verso il primo dei parchi nel nostro itinerario sul presto… una congiunzione astrale sfavorevole fa sì che tra un’impiegata al suo primo giorno e le nostre carte di nuovo restie a collaborare (eppure al Luxor non c’era stato alcun problema… miracolo!) non riusciamo a lasciare il garage con la nostra Jeep prima delle 10:30! Un po’ indietro sulla tabella di marcia, non ci lasciamo scoraggiare e partiamo alla volta di Page (AZ), con sosta al Grand Canyon prima e con in programma Antelope Canyon e Monument Valley il giorno successivo.
Saremo di ritorno a Las Vegas due giorni dopo, nel pomeriggio, restituendo l’auto senza grossi intoppi e riuscendo addirittura a riavere in contanti la cauzione che ci era stata promessa per via postale. Una quarantina di dollari per il taxi (qui mancia ben meritata dal nostro tassista super entusiasta, che ci ha intrattenuto chiacchierando amichevolmente e mostrandoci brevemente anche Fremont Street, forse la parte più “autentica” di Las Vegas) ed eccoci a downtown, al nostro bus terminal.
Non so se ci capiterà mai di tornare in città, anche se si tratta senz’altro di una buona base di partenza per esplorare i parchi nazionali non distanti, ma in caso vorrei davvero trovare il tempo di visitare anche il centro, inclusa questa strada che abbiamo avuto modo di intravedere solo di passaggio. Tutto sommato non ci aspettavamo chissà cosa dalla nostra tappa nella “città del peccato”, che come detto era perlopiù una tappa di passaggio e non avevamo quindi grossi programmi: ci siamo semplicemente lasciati trasportare dalla corrente, dando un’occhiata in giro senza troppe pretese, ed è stato divertente così. Ho idea che comunque il tempo trascorso in città sia stato il giusto: Las Vegas può conquistare e inebriare i sensi al primo sguardo, ma ho come l’impressione che per via della sua identità volta agli eccessi possa risultare stancante e, per assurdo, portare a perdere l’entusiasmo con altrettanta velocità.
Prima di salire a bordo del nostro pullman ci procuriamo un panino e qualcosa da bere in vista del viaggio di oltre cinque ore che ci porterà all’ultima tappa del nostro “coast-to-coast” : Los Angeles.
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