Boston è una città ricca di storia e decisamente a misura d’uomo, che nonostante la relativa vicinanza a metropoli frenetiche come New York offre un’atmosfera molto più rilassata ed è un piacere da visitare anche solo per pochi giorni.
Noi siamo stati in tutto due giornate piene, che sembra un periodo apparentemente ridotto, ma credo sia stato sufficiente per avere almeno un primo assaggio della capitale del Massachusetts e di ciò che essa ha da offrire, a partire dall’enorme background culturale e gli infiniti richiami a passaggi cruciali della storia americana, che si è scritta per gran parte qui.
Boston è stata la seconda tappa nel nostro primo viaggio statunitense: partiti intorno alle due del pomeriggio dal terminal Port Authority di New York, il nostro pullman (biglietto prenotato tramite Greyhound ma tratta operata dalla compagnia allora partner Peter Pan) ha attraversato i verdi paesaggi del sud del New England per circa quattro ore, un viaggio più che confortevole calcolando che, come scrivevo anche in “Prima di partire…”, normalmente non sono una fan sfegatata dei trasferimenti su ruote. Arriviamo quindi a destinazione, alla South Station, nel tardo pomeriggio e ci dedichiamo subito alle questioni “burocratiche” andando alla biglietteria ad acquistare le Charlie Card per i mezzi pubblici: si tratta di tessere magnetiche ricaricabili che vanno semplicemente avvicinate al lettore del mezzo su cui si sta salendo e verrà automaticamente scalato l’importo richiesto per il viaggio. Si tratta senz’altro dell’opzione migliore dal punto di vista economico, come avevamo avuto modo di valutare dal sito della MBTA, in quanto una spesa di soli 2.25$ consente di viaggiare sulla metro e poi passare a un bus locale senza un ulteriore pagamento; inoltre ricaricare è velocissimo, si può fare alle macchinette automatiche delle stazioni e, come ci ha informato l’impiegata allo sportello della South Station, non essendo nominative e personali si può acquistare una sola Charlie Card usandola poi in due o più persone, come abbiamo fatto noi. Dopo esserci procurati la card, la pigrizia ci fa decidere di affidarci a un taxi per raggiungere il nostro albergo nel minor tempo possibile… pessima idea! Intorno alle sei del pomeriggio è ora di punta e allontanarsi dal centro per spostarsi, come nel nostro caso, al di là del fiume Charles ha richiesto più tempo del dovuto nonostante la breve distanza. Si è trattato pur sempre di pochi dollari, meno di 20 compresa la mancia, ma calcolando che ne abbiamo spesi 17 per le varie ricariche alla Charlie Card (quindi per tutti gli altri spostamenti a Boston nell’arco della nostra permanenza), un po’ mi ha fatto storcere il naso. La situazione non migliora in albergo (Constitution Inn, che tecnicamente è una YMCA più che un hotel), dove le nostre carte di debito e di credito decidono di non collaborare e abbiamo difficoltà a pagare per le due notti… per fortuna alla reception ci sono venuti incontro accettando il pagamento provvisorio di una sola notte in contanti (non ne avevamo abbastanza per coprirle entrambe) e la mattina dopo avremmo provveduto a prelevare per saldare anche la seconda. Spoiler alert: nonostante tutte le dovute accortezze prese con largo anticipo prima della partenza, avremo problemi simili anche in quasi tutti gli hotel delle altre città da ora in poi, con risvolti altalenanti.
Il nostro hotel si trova nel quartiere di Charlestown, zona dell’Historic Navy Yard, perfetta per gli appassionati di storia in generale e storia navale nello specifico, anche se un po’ carente dal punto di vista “mondano”: la USS Constitution è ormeggiata qui e abbiamo modo di fare una prima passeggiata di esplorazione la sera stessa del nostro arrivo e vederla dal molo, ma allo stesso tempo ci accorgiamo che a mancare sono esercizi commerciali e luoghi di ritrovo, a parte letteralmente due eccezioni a poca distanza dall’albergo. Camminiamo per una ventina di minuti prima di scegliere il pub in cui cenare (Blackmoor Bar & Kitchen, che tra l’altro consiglio per l’accoglienza del personale oltre che per il buon cibo: la selezione non è infinita ma si mangia bene, l’ambiente è rilassato e, sebbene si trovi al di là del ponte rispetto al centro di Boston e quindi forse un po’ fuori mano per chi alloggia lì, direi che è l’ideale per chi si trova invece, come noi, in zona Navy Yard).
Giorno 1: Freedom Trail e Harvard
La nostra vera e propria prima giornata a Boston si apre all’insegna del bel tempo, anche se un po’ freddino. Ci avviamo verso la fermata dell’autobus per avvicinarci al centro senza pesare troppo sulle gambe, che ci avrebbero dovuto sostenere per una bella passeggiata di ben 4 km (non li abbiamo fatti proprio tutti tutti a piedi) lungo la celebre Freedom Trail, un percorso contrassegnato da mattoncini rossi che conduce a 16 diversi luoghi di interesse storico, perlopiù legati all’Indipendenza americana. È possibile partire da un capo o dall’altro del percorso indifferentemente: noi scegliamo il Boston Common come punto di partenza, quindi bus 93 + metro da Haymarket e dopo un breve cambio eccoci nel “più vecchio parco cittadino degli Stati Uniti”. Il Boston Common è l’ideale punto di partenza anche perché sul lato meridionale del parco, lungo Tremont Street, si trova un centro visitatori che fornisce, tra le altre cose, mappe e dépliant informativi. Intorno al parco, che è stato usato dall’esercito britannico prima dell’inizio della Rivoluzione americana per gli accampamenti ed è stato nei decenni teatro di molti altri eventi, proteste, concerti ecc., si trovano già altre due fermate della Trail: la Massachusetts State House (l’edificio con la cupola dorata, sede governativa dello stato) e la Park Street Church (fondata all’inizio dell’Ottocento e celebre, fra le altre cose, per essere stata usata come deposito di polvere da sparo durante la guerra anglo-americana del 1812).
Girato l’angolo della chiesa si trova l’adiacente Granary Burying Ground, probabilmente il più interessante dei vari cimiteri sparsi lungo la Freedom Trail perché ospita, tra le altre, le tombe di patrioti come Paul Revere, John Hancock e Sam Adams, oltre al monumento funebre dedicato alla famiglia di Franklin (ma non Benjamin!).
A poco più di un isolato di distanza, dal lato opposto della strada all’angolo tra Tremont e Beacon St., sorge la King’s Chapel, una chiesetta restaurata a metà Settecento sul sito di una chiesa anglicana del tardo Seicento, in cui è possibile accedere con un’offerta libera. L’interno è molto carino ma non molto grande, in questa fermata direi che il punto forte è l’omonimo cimitero lì accanto, dove abbiamo trovato tombe vecchissime, dei primi coloni arrivati nel Nuovo Mondo, tra cui quella di una tale Mary Chilton, passeggera nientemeno che della Mayflower!
Prendendo School St. dalla chiesa si passa davanti al sito della Boston Latin School, segnalato sul marciapiede da un mosaico e nel cortile accanto da una statua di uno dei suoi più illustri allievi: Benjamin Franklin (quando siamo passati noi ovviamente la statua era caduta il giorno prima e l’abbiamo trovata avvolta in un telone nero… anche gli interventi della Legge di Murphy sono dettagli da raccontare!).
Alla fine della strada, sulla sinistra, sorge l’Old Corner Bookstore, che da fine Seicento è passata di mano in mano: dall’essere una residenza privata all’uso come farmacia, fino a diventare a inizio Ottocento una libreria (da cui il nome attuale) e in seguito sede di una casa editrice. Al momento non è rimasto granché di questo passato, e il piano terra è occupato da un fast food. A catturare la nostra attenzione in questo incrocio è stato in realtà il monumento alla Irish Famine sul lato destro, la Grande carestia irlandese del 1845 ricordata da questa opera che è quasi la gemella di quella che si può vedere a Dublino lungo le sponde del Liffey. Ho scoperto in seguito che l’autore è lo stesso (ecco perché l’abbiamo trovata così familiare), che ha voluto commemorare la tragedia in patria e oltreoceano riportando un numero decisamente più esiguo di persone nell’opera a Boston, a simboleggiare lo scarso numero di migranti che sono sopravvissuti al viaggio transatlantico. Una placca a terra ricorda comunque anche il notevole contributo bostoniano verso i “fratelli” in Irlanda, con spedizioni di rifornimenti per far fronte alla tremenda carestia.
La Old South Meeting House (storica chiesa da cui è partito il Boston Tea Party a opera di ribelli che, per protestare verso le pesanti tasse imposte dai governanti britannici, si sono vestiti da indiani e hanno gettato in mare tonnellate di tè appena giunto da oltreoceano) si trova sul lato opposto della stessa strada, sulla destra. Noi proseguiamo però verso sinistra, su Washington St., che ci porta a uno dei monumenti più rappresentativi all’interno di questo percorso storico, ovvero la Old State House, l’edificio pubblico più antico della città, sede del governo coloniale fino allo scoppio della Guerra di Indipendenza. Girando l’angolo su Devonshire St. si può osservare il balcone da cui è stata letta la Dichiarazione d’Indipendenza nel 1776, anno in cui la Old State House è diventata la sede del governo del Massachusetts (prima del trasferimento alla Massachusetts State House). A terra proprio di fronte all’ingresso si nota un cerchio di mattoni che commemora il sito del Massacro di Boston, quando i soldati britannici hanno fatto fuoco indistintamente sulla folla radunata lì davanti, facendo anche delle vittime (ora sepolte al Granary Burying Ground) e fomentando così un ulteriore focolaio di scontento dei coloni verso il governo britannico.
A pochi minuti di distanza si trova Faneuil Hall, sede del mercato e, a lungo, di raduni di coloni in preparazione delle lotte per l’indipendenza. Tuttora si tratta di una zona alquanto vivace del centro di Boston, piena di locali e, vista l’ora che si è fatta, scegliamo qui un ristorante in cui fermarci a pranzare. Riprendiamo la passeggiata subito dopo mangiato verso la casa di Paul Revere, un’altra tra le mie tappe preferite della Freedom Trail, in cui si entra con un biglietto di poco più di 3$ e dove è possibile osservare ricostruzioni delle piccole stanze in cui il celebrato rivoluzionario ha vissuto con la sua famiglia, per di più accompagnati da interessanti dettagli e aneddoti condivisi da impiegati entusiasti. Sulla strada per la Old North Church, una delle chiese più vecchie della città e famosa per essere stato il luogo in cui sono state accese le due lanterne che avrebbero segnalato a Revere l’arrivo dei britannici via mare, una statua celebra anche la sua impresa della cavalcata di mezzanotte volta ad avvertire il resto dei ribelli di tali spostamenti. La chiesa è senz’altro un’altra pietra miliare di storia americana che vale la pena fermarsi a visitare.
Ultima fermata prima di attraversare il fiume è il Copp’s Hill Burying Ground, il secondo cimitero più antico della città, in cui giacciono personalità bostoniane di rilievo dall’epoca coloniale in poi. Per noi si tratta però dell’ultima fermata in generale per oggi: trattandosi di due tappe a pochi passi dal nostro albergo, decidiamo di rimandare la parte rimanente della Freedom Trail al giorno seguente, mentre questo pomeriggio ci dedichiamo invece prima a una passeggiata nel North End della città (tra l’altro sede di una nutrita comunità italiana, creando questo peculiare ambiente in cui ti sembra di attraversare le strade di Dublino ma leggendo insegne in italiano su ogni porta… e tutto questo al di là dell’oceano!) e poi a prendere la metro in direzione Cambridge, per visitare il campus di Harvard.
Impieghiamo meno di una ventina di minuti ad arrivare dal centro, l’omonima fermata della metro si trova sulla linea rossa e ci lascia direttamente ad Harvard Square, piazzetta piena di caffè, ristorantini e, soprattutto, un chiosco al centro in cui studenti del college offrono tour del campus agli interessati. Noi non avevamo intenzione di rimanere molto, quindi ci siamo fatti dare una mappa e abbiamo dato un’occhiata in giro per conto nostro con i nostri tempi.
L’atmosfera è proprio quella che ci immaginiamo da centinaia di film e telefilm che ci mostrano la vita degli studenti di uno di questi prestigiosi college della Ivy League: si respira proprio un misto di pace nei giardini del campus e riverenza nei confronti dei decenni di storia alla vista di quegli edifici in cui generazioni e generazioni di ragazzi hanno studiato e vissuto gli anni forse più significativi delle loro vite.
Ci concediamo anche noi un po’ di pace e relax in un caffè con ampie vetrate che ci consentono la vista della brulicante Harvard Square sottostante prima di rientrare nel nostro quartiere, riposarci e fare un salto alla lavanderia dell’albergo per poter ripartire il giorno dopo con l’intero carico di vestiti puliti. Cominciamo poi a radunare le nostre cose in modo da essere liberi la mattina dopo di visitare Bunker Hill prima di dirigerci in aeroporto.
Giorno 2: Navy Yard, Bunker Hill e partenza
Ebbene sì, la nostra toccata e fuga a Boston è già quasi giunta al termine, una volta fatta colazione, chiusi i bagagli e lasciato questi ultimi nel deposito, dopo il check-out ci facciamo una passeggiata lungo il molo per cercare di fare qualche foto più ravvicinata alla USS Constitution, la cosiddetta Old Ironside per via della struttura composta da un legno così resistente da essere stata a malapena scalfita dalle palle di cannone che l’hanno colpita nelle varie battaglie a cui ha preso parte. Per il mio ragazzo, appassionato di modellismo navale, salire sulla più vecchia nave ancora navigante del mondo sarebbe stata un’emozione al pari della nostra visita alla HMS Victory qualche anno prima, ma purtroppo la nostra solita sfortuna ha voluto che in questo periodo la Constitution fosse in fase di restauro, quindi chiusa al pubblico e solo visibile da un paio di metri di distanza. Ci accontentiamo e proseguiamo verso l’ultima tappa della Freedom Trail, che avevamo sospeso il pomeriggio precedente, salendo la collinetta di Bunker Hill fino in cima, dove spicca l’omonimo monumento in ricordo della battaglia del 1775 (una delle prime della Rivoluzione americana e che ha visto, in questo campo, la disfatta dell’armata dei coloni, pur facendo aprire gli occhi ai britannici sulle enormi possibilità dei loro rivali). Dettagli interessanti su questa battaglia si trovano all’interno del museo poco distante, dove è possibile anche procurarsi il biglietto di accesso al vero e proprio monumento qualora si voglia salire la lunga scalinata (più di 290 gradini! Noi abbiamo declinato per lo stesso motivo della Statua della Libertà) fino alla cima dell’obelisco: non si paga nessuno dei due ingressi ma per accedere all’interno del monumento richiedono comunque di presentare questo talloncino da ritirare al museo.
In tarda mattinata siamo tornati in albergo a riprendere le nostre valigie e ci siamo diretti verso l’aeroporto Logan, comodamente raggiungibile con la metro blu. Ce la siamo presa moltissimo comoda calcolando che il volo partiva in realtà alle quattro di pomeriggio, ma abbiamo comunque deciso di pranzare al terminal e usare questo tempo in attesa per riposarci un po’ e fare un punto della situazione in vista delle nostre prossime tappe del “coast-to-coast”… col senno di poi si poteva benissimo evitare, anche perché il terminal da cui partivano i voli Virgin (la compagnia con cui avevamo prenotato) non è particolarmente ricco di scelta riguardo i posti per mangiare, e a parte essere lì un po’ prima perché la prenotazione online non era completa di imbarco del bagaglio da stiva, operazione che andava fatta direttamente al desk del check-in, non c’era realmente nulla da sbrigare se non, appunto, approfittarne per un po’ di riposo.
La visita, seppur breve, di Boston ha lasciato entrambi molto soddisfatti, non ci siamo mai stancati eccessivamente, l’intero percorso della Freedom Trail non ha impegnato in tutto più di tre ore/tre ore e mezza circa ed è stata una gradevolissima passeggiata che ci ha arricchiti di informazioni sulla storia di questa città e della nazione in generale. Harvard è stata invece una gradita aggiunta dell’ultimo secondo… Forse c’era molto altro che avremmo potuto esplorare, ma siamo felici di quanto fatto durante la nostra permanenza, che ci ha permesso di toccare tutti i luoghi fondamentali e immergerci nell’atmosfera di questa bella città che ha davvero molto da offrire a un viaggiatore desideroso di approfondire il proprio bagaglio storico e non solo.
Prossima fermata: San Francisco!
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